Italiano, una lingua re-inventata

Uscirà in autunno il dizionario del linguaggio giornalistico, contenenti termini come “malpancismo” e “coriandolarizzazione”

Roma – “Malpancismo”, “broccolino”, “coriandolarizzazione “. Non sono termini italici ma “invenzioni” giornalistiche che sono entrate in buona parte del lessico quotidiano mediante i quotidiani e che sono state raccolte in un unico dizionario (edito a Firenze, da Leo S. Olschki Editore), dai linguisti Giovanni Adamo, ricercatore presso il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ILIESI-CNR), e Valeria Della Valle, docente di Linguistica Italiana all’Università di Roma La Sapienza.
“Abbiamo voluto offrire un materiale documentario a un pubblico eterogeneo, fra cui giornalisti e politici, per fornire a tutti uno spunto di riflessione su un aspetto della lingua italiana: quella usata dai giornali” spiega Adamo. Dalla lettura di questo vocabolario emerge l’immagine di una lingua italiana in buona salute, in continua evoluzione e capace di normalizzare parole mutuate dall’inglese, da realtà del mondo in evoluzione. “Troppe volte si accusa la stampa di introdurre nuovi termini da lingue straniere, ma in realtà poi ne fornisce la traduzione, dimostrando di essere, dal punto di vista linguistico, un veicolo di cultura e di divulgazione”.
L’idea del Lessico nasce nei primi anni ‘90 grazie a Giovanni Menzioni, all’epoca Presidente dell’Accademia della Crusca, ripresa dal Cnr. A partire dal 1998 è stato costituito un database frutto dell’analisi quotidiana di diversi quotidiani nazionali (dal Corriere della Sera al Sole 24 ore, passando per La Stampa e Repubblica) e su quelli rappresentativi di realtà locali (Il Giorno, Il Piccolo, Il Foglio, il Giornale, il Mattino, l’Unione Sarda ) che riflettessero l’influenza nazionale sull’aspetto locale. Il risultato è che il linguaggio dei mass-media cartacei è risultato essere frutto di contaminazioni provenienti da diverse aree: i giochi a pronostico trasmessi in televisione, l’ambito politico che ha portato a coniare espressioni come il “malpancismo”, le innovazioni politiche il pacs (unioni civili) approvato in Francia che ha prodotto la “coppia pacsata”, l’avvento di nuovi strumenti elettronici (sms, poi mms, scanner), quello dei grandi eventi internazionali (guerre, disarmo, irak) dove ci sono state formazioni nuove che sono stati definiti internazionalismi e che vengono adeguate alle maggiori lingue (no-fly zone). A esercitare la maggiore influenza è l’inglese che è lingua veicolare di maggior impatto a livello internazionale. “L’inchiesta è stata condotta in modo articolato a livello nazionale e dimostra che c’è un italiano standard nei grandi mezzi di comunicazione, ma l’influsso dei quotidiani sul parlato è maggiore – prosegue Amato - il quotidiano, a differenza di radio e tv, ha una sua concretezza e un maggiore riscontro pratico. E’ un italiano standard, in cui termini provenienti dall’estero sono ridotti. Ce n’è uno solo: il broccolino, ovvero la lingua degli italiani di New York, ma altri esempi di questo tipo non ci sono capitati”.
A segnalarsi per la capacità di sintetizzare in una parola sola un concetto più articolato sono alcune firme del giornalismo nostrano come Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera che ha inventato il termine “coriandolarizzazione” a proposito della riforma universitaria. “Spesso si tratta di giornalisti che hanno una buona scorrevolezza di penna fusa a una buona capacità di invenzione – conclude Amato - Stella, Mura, Clerici, Sartori con il suo destruzzizarsi, la cantante Mina che ha tirato fuori l’acchiappanime nella sua rubrica su La Stampa, oppure il davantologico di Michele Serra, il depensante di Sgarbi, il fiutavento di Ludovico Besozzi”.
Un caso che ha un’eco anche nel Canton Ticino dove sono stati applicati aggettivi simili per spiegare fenomeni come la corruzione o la persistente richiesta di asilo politico. Luca Bernasconi, capo-redattore cronaca del Corriere del Ticino spiega: “Il neologismo è entrato nell’uso corrente con parole come ‘asilanti’ ovvero le persone richiedenti l’asilo politico, prevalentemente immigrati. Sono poche, però, le parole di questo tipo mutuate dalla lingua svizzera, anche a causa del valico, non solo fisico, rappresentanto dal San Gottardo. Ecco allora che tempo fa era nato il ‘Ticinogate’ scritto tutto attaccato, per descrivere il caso di corruzione di un giudice ticinese, quasi ad imitare la parola tangentopoli. Difficile che si verifichi il caso contrario di termini italiani che entrino nella lingua svizzera con la stessa frequenza”.
Una maggiore frequenza di neologismi si riscontra negli Stati Uniti dove a New York “America Oggi “ è stata una delle prime testate a usare il termine “sexgate” per il caso Clinton e Lewinsky. “In questo contesto la lingua inglese ci aiuta molto di più, perché è molto più facile inventare una parola in inglese piuttosto che in italiano” spiega il vice direttore del quotidiano, Massimo Iaus. Al tempo stesso, proprio l’italianità del giornale spinge verso scelte tese a creare un muro con la lingua inglese dominante. “Il giornale cerca di usare il maggior numero di parole italiane possibile – prosegue Iaus -, usiamo volutamente termini come “fine settimana” invece di “week-end”. Eccezione tipica è data da termini economici come Chief executive office che è sempre Ceo e che in America indica il capo unico e riconosciuto di un’impresa, mentre invece in Italia non si sa chi, fra presidente e direttore generale, la conduca”. Lo spazio per le invenzioni linguistiche c’è, ma è ridotto. Infatti la testata inventa termini quando sono buffi e rendono meglio l’idea. Questa proliferazione di parole crea non pochi problemi a quanti devono imparare la lingua in tempo reale.
In Argentina, a Buenos Aires, sono diversi gli scopi e i metodi con cui vengono impiegati i quotidiani italiani nell’insegnamento della lingua. Roberta Valsecchi, insegnante all’Istituto di formazione e docenza di Buenos Aires, all’Istituto Italiano di cultura (IIC), all’Università del Museo Sociale argentino spiega che da diversi anni sta lavorando molto sull’italiano attuale attraverso i media e la letteratura. “L’obiettivo del corso è indirizzato a una competenza comunicativa di base, ma quando è inserito nei corsi di laurea chi lo segue deve avere una buona formazione e una competenza linguistica di base per affrontare tutte le discipline in italiano. Per questo, molte lezioni sono dedicate al linguaggio del giornale e a far vedere il contrasto fra i titoli italiani e quelli argentini. Nel primo caso si presentano molto con frasi nominali mentre noi in Argentina usiamo molto il verbo”. Come vi ponete di fronte a parole inventate come ‘malpancismo’ o ‘fiutavento’? “Quando vengono trovate così sul giornale sono difficili da capire, vengono analizzate con un grosso lavoro di contestualizzazione fatto in pool da tutti gli insegnanti. Gli alunni, invece, lo traducono con una perifrasi. Non è tutto traducibile ma non possiamo arrivare a spiegare ciò che in spagnolo è più complesso, per questo si ricorre alle perifrasi”.

 


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