Essere con Gina continuare con Gina

Mauro Porru

Saranno state le sei del pomeriggio di quasi trent’anni fa quando, arrivato da poco più di un anno in Brasile, mi presentai alla Dante Alighieri di Salvador nell’intento di
inserirmi di nuovo nel campo dell’insegnamento, dopo alcuni avventurosi ma sfortunati tentativi di cambiare radicalmente la mia vita. L’indirizzo me l’aveva dato il consolato onorario locale, avvertendomi però che, nonostante il mio curriculum, avrei avuto poche possibilità di essere assunto, data la scarsa disponibilità dei direttori
e fondatori di quella scuola.

Così me ne stavo seduto nell’angusta segreteria della Dante, che all’epoca funzionava in due salette al pianterreno della casa di famiglia dei Magnavita, con quel tanto di ansia tipica di color che son sospesi. Come sarebbe andato quell’incontro? Sarei riuscito a convincere la poco disponibile direttrice della scuola a darmi lavoro? Dalla saletta attigua si sentiva il vocio degli alunni che aspettavano l’arrivo del professore. L’attesa fu breve. Qualche minuto dopo vidi stagliarsi nella piccola porta di accesso alla segreteria l’imponente corpo di Gina Galeffi, della famosa Donna Gina. Mi colpì
immediatamente il contrasto tra il suo corpo maestoso, le sue gambe magre e il suo viso minuto. C’era in lei un misto di forza e di delicatezza intrigante che faceva capire di primo acchitto che si trattava di una persona speciale. Appena fi nii la mia presentazione, Donna Gina (come l’ho chiamata per vent’anni prima di passare al tu) mi sorrise, con quel suo sorriso di bambina che non l’ha mai lasciata, e mi accolse gioiosamente con l’esclamazione: “Ti ha mandato Gesù Cristo, sapevo che non mi avrebbe abbandonato!”. Credo che nessuno mi abbia mai ricevuto con tanta disponibilità e entusiamo nella mia vita. La professoressa che insegnava alla Dante era rientrata in Italia pochi giorni prima e Gina era costretta, per dar continuazione al corso, a fare lezione, oltre che all’Università Federale e a quella Cattolica, anche lì. Mi dette il suo manuale, mi presentò agli alunni e quello stesso pomeriggio entrai a far
parte della equipe della Dante e della famiglia Galeffi.

È cominciato così questo fecondo sodaliazio basato su una profonda stima reciproca e molto affetto, interrotto materialmente dalla scomparsa fi sica di Gina ma spiritualmente ancora vivo. Sono diventato il suo braccio destro non solo alla Dante, che ho diretto come coordinatore didattico per vent’anni, ma all’Università Cattolica e poi alla Federale. Insieme abbiamo creato e introdotto nel curriculum di italiano la disciplina Cultura Italiana che insegno a tutt’oggi. Insieme abbiamo organizzato vari corsi di lingua, letteratura e cultura italiana destinati alla comunità esterna all’università. Sempre al suo fi anco ho partecipatoalla nascita dell’ABPI che oggi presiedo al posto suo con la ferma intenzione di continuare a difendere e divulgare i valori e gli ideali per cui Gina e il suo amato sposo Romano l’hanno creata.}

Sono ancora vive in me con commozione le serate in cui discutevamo animatamente intorno al grande tavolo da pranzo di casa Galeffi , all’epoca della fi ne della dittatura
e dei primi scioperi, la politica universitaria, i suoi possibili sbocchi, gli strumenti di lotta su cui avevamo opinioni abbastanza diverse che comunque venivano rispettate da ambo le parti. Come dimenticare, sempre a quei tempi, la sera in cui, durante una cena danzante organizzata per raccogliere i fondi destinati a sostenere il primo sciopero nazionale, ho aperto le danze con lei, in quel momento Rettore dell’Università Federale di Bahia, che leggera come una piuma mi seguiva nei volteggi di un valzer. Sicuramente, una delle cose che ci ha uniti in tutti questi anni e che ci ha reso complici in varie occasioni, è stata una certa noncuranza per l’etichetta e per i riti accademici, alla quale va aggiunta l’importanza relativa data all’opinione malevola degli altri e a possibili pettegolezzi. Spontanea e senza peli sulla lingua non poche volte ha creato situazioni imbarazzanti che poi le venivano perdonate grazie alla sua lealtà e alla sua indiscutibile onestà. Quello che Gina ha fatto per l’Università Federale di Bahia e per la diffusione della cultura italiana l’ha fatto per passione e non certo per ambizione. E quando le hanno conferito le meritate onorifi cenze le ha ricevute con modestia e naturalezza senza la pompa e la retorica che normalmente le accompagnano. Le sono stato vicino anche nelle sue generose attività umanitarie: il Lar Franco Belcaro (un asilo nido gratuito per i fi gli di ragazze madri che lavorano),
la scuola della favela di Gamboa, il reinserimento sociale di bambini e adolescenti abbandonati dalla famiglia. Ho sempre ammirato in Gina la totale certezza delle sue scelte e l’energia invidiabile per metterle in pratica. Era diffi cile starle dietro quando si organizzava qualche attività o si viaggiava insieme. Riusciva a stenderci tutti!

Come dicevo all’inizio di questo mio ricordare, quel fatidico pomeriggio non solo è cominciato il mio rapporto di lavoro con Gina ma sono stato introdotto nella sua famiglia. Forse non l’ho mai ringraziata a parole per avermi “adottato”, per avermi considerato il suo sesto fi glio “quello scelto” come amava dire; per non avermi fatto mai pesare la lontananza dalla mia famiglia di origine; per avermi aiutato a superare la traumatica morte di mia madre; per essere stata presente al funerale di mio padre. Quanti Natali e Pasque passati insieme, i regali puntuali sotto l’albero, l’immancabile presenza ai miei compleanni e ai “maururú”. Ma sicuramente i miei atteggiamenti nei suoi confronti, la maniera di comportarmi come se fossi il suo “fedele scudiero” (come ha detto amorosamente una cara collega), la complicità che aumentava proporzionalmente negli anni, le hanno sempre dato la certezza della mia stima e del mio amore. Mentre le baciavo la mano affettuosamente in ospedale il giorno prima che morisse, non pensando minimamente che era un bacio di addio, mi ha guardato teneramente e mi ha sorriso con quello stesso sorriso di bambina con cui mi aveva accolto.


 


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Mosaico Italiano #22

Gina Galeffi, il sorriso e la pazienxa di Bahia
(Mimmo Liguoro)

Una despedida
(Flora de Paoli)

Ritratto di Gina Magnavita
(Sergio Campailla)

Essere con Gina continuare con Gina
(Mauro Porru)

Coccodrillo
per Gina Galeffi
(Meri Lao)

Un legame intimo
(Andrea Lombardi)


Ricordo di Gina
(Loredana de Stauber Caprara)

In Brasile, l'Italia e la "poesia" di una vita
(Francesco Marroni)