Il Brasile, l'Italia e la "poesia" di una vita

Francesco Marroni

Non ho avuto la fortuna di una lunga frequentazione di Donna Gina Galeffi . Non ho avuto la fortuna di conoscerla, come chi le è stato vicino nella quotidianità operosa che ha caratterizzato ogni giorno della sua vita. Nulla di tutto questo, purtroppo. Tuttavia, la brevità dell’incontro ha fatto sì che, da parte mia, ci fosse un’intensa osservazione e un altrettanto intenso ascolto di ogni parola e di ogni gesto di quel personaggio straordinario che è stata Maria Luigia Magnavita Galeffi .

Nel novembre 2001, nel quadro degli scambi fra la Universidade Federal da Bahia e l’Università “D’Annunzio” di Pescara-Chieti, insieme con la collega e amica Marilena Giammarco, fui ospite del Departamentode Letras Românicas diretto dal prof. Mauro Porru. Per l’ateneo baiano erano giorni speciali perché vi si teneva il IX Congresso Nacional de Professores de Italiano, intitolato As formas da memória (14-18 novembre 2001). Nel susseguirsi degli interventi, la bella manifestazione riservò un momento speciale a Donna Gina, la quale, con semplicità e chiarezza, raccontò la fase eroica degli studi di italianistica in Brasile. Non so se per scelta programmatica o se per uno spontaneo fl uire del suo eloquio, fatto sta che le frasi di Donna Gina, sia quelle dell’intervista registrata, sia quelle pronunciate dal vivo, intrecciavano visione poetica e spirito pragmatico, in un equilibrio che gettava luce sul senso dell’armonia che governava l’agire e la parola di chi stava raccontando il suo “viaggio” fi sico e culturale dall’Italia al Brasile.

Un grande poeta inglese, Ted Hughes, parlando delle tensioni autobiografi che alla base dell’ispirazione, ha sottolineato il valore fondamentale dell’esperienza: “La poesia […] si crea a partire dalle esperienze che cambiano i nostri corpi e i nostri spiriti, non importa se momentaneamente o per sempre […]” (Poetry in the Making). La poesia che mi pareva di leggere nella storia della vita di Luigia Magnavita Galeffi era proprio il regalo che lei aveva ricevuto dall’esperienza brasiliana. Si capiva bene che Donna Gina era riuscita a trasformare la transizione esistenziale da un mondo all’altro, lo spostamento dall’Italia al Brasile, nella ragione profonda di un dialogo che, di fatto, signifi cava la persistenza del passato. E, insieme, la volontà di non recidere mai il legame forte che legava la cultura italiana a quella brasiliana. Da questo doppio fi lo, del resto, derivava anche la sicurezza con cui lei sapeva conciliare le esigenze del personaggio pubblico con le istanze della vita privata. Aveva trovato un giusto equilibrio, senza mai imbattersi in una collisione o in un contrasto fra dimensione sociale e dimensione personale. Queste cose mi parve di capire nei pochi momenti trascorso in compagnia di questo personaggio eccezionale. Mi piace ricordarla in tutta la sua vitalità, con la sua voce ferma e con le sue idee forti. Anche per me, estraneo a quel mondo, la sua fi gura aveva la valenza di un approdo sicuro, lei era un punto di ancoraggio di cui nessuno poteva fare a meno. Lo percepivo in ogni istante della conferenza – gli amici e gli studiosi avevano bisogno di lei perché solo lei sapeva dire la parola giusta, la parola che rimetteva le cose in ordine e dava tranquillità anche ai più irrequieti. Questo era il suo modo di veicolare la saggezza degli anni.

Ricordo con emozione i momenti trascorsi nella sua casa, non distante dalla Biblioteca Municipale di Salvador. Ricordo soprattutto il pranzo all’italiana che fu servito a tutti gli ospiti. La scena della tavola apparecchiata, alla quale, via via che passavano i minuti, si aggiungevano sempre nuovi posti, non potrà mai essere cancellata dalla mia mente. Pareva di essere in un centro culturale, in un salone in cui vigevano la democrazia della cultura, la solidarietà umana e la comunione degli spiriti. Era bello vedere, per me “accademico di nulla accademia”, come intorno a quella donna luminosa si realizzasse un incontro di diverse persone, provenienti da diverse università del Brasile. Tutti avevano un solo intento: continuare un discorso, quello dell’italianistica brasiliana, che, con spirito pionieristico, Donna Gina aveva avviato molti anni prima, e che ora era una realtà dinanzi agli occhi di tutti, aveva radici profonde nonché una solida tradizione a cui fare riferimento nei progetti dell’immediato futuro.

A me piace ricordare Donna Gina a casa sua, mentre i fi gli Eugenia e Dante Augusto, con discrezione e infinito affetto, le stavano vicino come si può essere vicino a un genitore verso il quale si nutre tanta ammirazione. E, ancora, mi piace ricordare la sua capacità di essere-nel-mondo, una vita totalmente dedita al bene degli altri, e insieme al bene supremo della cultura. Pe questo, nel momento triste della sua scomparsa, riesco a immaginare Donna Gina semplicemente come un’esperienza che si è fatta poesia.

 


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Mosaico Italiano #22

Gina Galeffi, il sorriso e la pazienxa di Bahia
(Mimmo Liguoro)

Una despedida
(Flora de Paoli)

Ritratto di Gina Magnavita
(Sergio Campailla)

Essere con Gina continuare con Gina
(Mauro Porru)

Coccodrillo
per Gina Galeffi
(Meri Lao)

Un legame intimo
(Andrea Lombardi)


Ricordo di Gina
(Loredana de Stauber Caprara)

In Brasile, l'Italia e la "poesia" di una vita
(Francesco Marroni)