Fra Siena e il Brasile uno scambo possibile

La basi di un accordo di cooperazione per la produzione di materiale didattico

Andrea Lombardi

È possibile migliorare l'insegnamento dell'italiano in Brasile (sia quello della lingua che la cultura e la letteratura)? Questa è una domanda costante e legittima di docenti e studenti impegnati nei corsi di laurea e post laurea delle nostre università e nelle molte e positive iniziative di corsi di lingua di associazioni, enti, comprese le istituzioni degli stati di alcune regioni brasiliane (San Paolo, Paranà, Santa Catarina, Rio Grande do Sul, tra gli altri). Considerando l'insieme degli utenti, pur a livelli differenti, non devono essere meno di 30 mila gli studenti dei corsi d'italiano. Un numero rilevante che giustifica un approfondimento. Il I Seminario di Studi linguistici dell'italiano, tenutosi presso la UFRJ con la partecipazione di una delegazione dell'Università di Siena qualificatissima, di almeno rappresentanti di 5 università brasiliane (USP, UFF, UFBA, UERJ l'università ospitante, la UFRJ), e l'appoggio fattivo dell'Istituto di Cultura di Rio de Janeiro e quello di San Paolo, è un tassello importante di una risposta a questa esigenza di approfondimento. Difatto, sono ancora poche le iniziative delle istituzioni di ricerca italiane con il fine di aumentare lo scambio fra ricercatori dei due paesi (analogamente a quanto viene svolto, per es., dal DAAD tedesco ed il Cofecub con la Francia.
Una prima domanda è se l'italiano debba considerarsi una "lingua di cultura" La domanda è cioè se l'italiano è veicolo per accedere alla tradizione culturale italiana (la tradizione classica) o ad aspetti a questa legati (musica, pittura, architettura e molte altri aspetti del sapere)? In fondo, questa domanda non necessariamente accademica può alludere a una problematica accessoria e non irrilevante: si tratta della questione degli sbocchi professionali, che influenzano la scelta di studiare una lingua e una cultura piuttosto che un'altra. Una lingua, come quella italiana, che 'rende' meno dell'inglese o di molte delle altre professioni che il mondo contemporaneo (postmoderno, globalizzato) offre.
Una ricerca realizzata sulle prospettive dell'insegnamento dell'italiano a livello internazionale denominata "Italiano 2000 - indagine sulle motivazioni e sui pubblici dell'italiano diffuso fra stranieri" , coordinata dal Prof. Tullio de Mauro, arriva a risultati interessanti. La ricerca afferma che l'italiano è al quarto posto nella classifica delle lingue più studiate al mondo e l'attenzione che gli viene dedicata all'estero è in costante crescita. Si noti bene: si tratta dell'italiano studiato, il dato non stabilisce una gerarchia delle lingue parlate: lo spagnolo risulterebbe senza dubbio più parlato dell'italiano e così il portoghese. Secondo la stessa inchiesta, nel 2000 il numero di studenti che ha frequentato i corsi di italiano organizzati dagli Istituti italiani di cultura è aumentato del 38,2% rispetto al dato del 1995. Sui motivi per cui si impara l'italiano le risposte della citata inchiesta sono le più varie: dal 32,8% che lo fa per "piacere", al 25,8% che lo fa per "ragioni personali". Solo il 19% lo fa per studio e il 22,4% per lavoro. Un'indagine analoga, realizzata alla fine degli anni '70 dal Ministero degli Affari Esteri italiano , mostrava che la stragrande maggioranza degli stranieri che studiavano l'italiano era spinta da motivazioni più che altro culturali (comprese quelle affettive). Oggi sarebbero, invece, molto più numerose le motivazioni legate all'immigrazione, al commercio, al turismo e più in generale ad un cambiamento dell'immagine dell'Italia. Una nuova ricerca, più aggiornata, svolta sul territorio brasiliano , mostra una crescita notevole dell'insegnamento dell'italiano L2, come effetto di un insieme di elementi politico-culturali (attenzione da parte del Mercosud verso l'Europa e l'Italia in particolare, in risposta a una crisi locale e alla ricerca di un modello differente da quello nordamericano). In questo senso, l'italianità viene recepita come parte costitutiva dell'originale identità brasiliana e la ricerca di nuovi partner coincide con la ricerca delle radici. In un senso analogo si muove una ricerca effettuata da Ana Maria Chiarini , che mette in luce le problematiche dei docenti d'italiano di nazionalità brasiliana, il loro immaginario (la rappresentazione dell'Italia, stereotipi e modelli) e problematiche connesse.
Rispetto alla ricerca del 2000 citata, non è possibile, comunque, sottovalutare l'importanza delle università (quasi quindici con corsi d'italiano di vario tipo, più di dieci con regolari corsi di laurea, almeno due con corsi di post laurea e cioè: master e dottorato ). Non si tratta solo delle dimensioni dell'utenza (alcune migliaia di studenti nel complesso, sommando quelli di laurea, di post laurea e dei corsi liberi). Occorre considerare, che le stesse università formano buona parte dei docenti attivi in vari livelli di insegnamento e rappresentano il luogo privilegiato per migliorare la politica dell'aggiornamento e della formazione di docenti. Il livello dell'insegnamento è discontinuo, considerando l'assenza completa di una politica trasparente di borse di studio e di incentivi agli scambi istituzionali. Per dare un'idea della povertà di questo dato, basti l'esempio del numero di borse di studio concesse secondo l'inchiesta del 2000 ai docenti d'italiano: poco meno che 500 in tutto il mondo. Un numero pari alle circa 500 borse concesse nel solo Brasile però dalle Istituzioni tedesche! In Brasile, possiamo calcolare che almeno 10 mila studenti frequentano corsi liberi presso la scuola secondaria superiore in vari stati e altri 20 mila o più sono impegnati nei corsi liberi rivolti alla comunità. Si può dire che il Brasile occupa senz'altro un posto estremamente significativo tra i paesi in cui più forte è la presenza di cittadini italiani o di loro discendenti, imponendo una riflessione sul vincolo (certamente non automatico) fra radici etniche e culturali e apprendimento della lingua. È pur vero, però, che assorbimento e integrazione hanno fatto scomparire quasi del tutto le tracce delle loro origini. Nei confronti dell'Italia c'è, inoltre, un vero e proprio grande amore, legato all'immagine di una storia stratificata che la penisola apparentemente presenta. Densa, carica, ricolma di saggezza: almeno così viene vista in un'immagine stereotipata, ma frutto di una nuova fase del rapporto con l'Italia e che ha dimenticato (o addirittura rimosso) un'immagine molto meno lusinghiera degli italiani nella cultura brasiliana, legata a epiteti come carcamano, usuali all'inizio fino alla metà del Novecento. Questa immagine positiva (quasi esageratamente positiva) può essere considerata specularmente contraria all'immaginario brasiliano del proprio paese: giudicato (erroneamente) completamente senza storia. Il recupero delle radici - un movimento cominciato parecchi anni fa - progredisce lentamente, trovando nel tradizionale aggruppamento della società brasiliana in circoli etnici o club una delle sue forme di espressione. In fondo, tutto questo è elemento della costruzione o ricostruzione dell'identità nazionale brasiliana, attratta come una calamita dal sistema nordamericano ("il cugino ricco"), ma in cerca di un contrappeso culturale, economico o politico rappresentato dal Mercosud o dall'Europa (l'antenato nobile e prossimo). Il processo di acquisizione della lingua straniera, pertanto, diviene uno strumento per emergere culturalmente, anche a prescindere dall'origine etnica e comunque in virtù del legame che si stabilisce, per affermare una nuova maniera di vedersi e di agire.
Esiste, comunque, un interesse - spesso non coltivato - per la cultura e la lingua degli avi che porta questi 'italiani d'origine' ad avvicinarsi a corsi di italiano ed incontri culturali riguardanti l'Italia. E ai discendenti si aggiungono poi coloro che, pur non avendo una storia personale che li leghi all'Italia, si interessano alla lingua e alla cultura del nostro Paese.
L'attuale situazione dell'insegnamento dell'Italiano in Brasile è caratterizzata da una forte dispersione e il confronto e l'aggiornamento dei docenti d'italiano è stato finora affidato ad iniziative lodevoli, ma isolate, data anche la grande estensione del territorio brasiliano. Il sistema educativo brasiliano soffre, e non da oggi, di notevoli difetti, riconosciuti dalle istituzioni competenti. Le scuole statali, che hanno sofferto un vero e proprio arrembaggio a partire dagli anni settanta da parte della scuola di massa, sono state abbandonate alla deriva. L'utente dei corsi di lingua e cultura italiana, sia presso le istituzioni universitarie che nei corsi liberi, approda al suo diploma finale (quando ci arriva) con un bagaglio di conoscenze generali piuttosto ristretto. Ciò non impedisce affatto l'apprendimento, ma ne muta in parte le caratteristiche. La lettura di un testo giornalistico, turistico o culturale, escludendo anche quelli letterari, deve partire dalle difficoltà notevoli nell'individuare allusioni, doppi sensi, aspetti ironici che fin dai titoli caratterizzano la stampa in lingua italiana e ne costituiscono un aspetto certamente positivo.

In questo senso nasce, il progetto di cooperazione con l'Università di Siena, viene al momento giusto. Ben venga l'apporto delle istituzioni italiane e particolarmente gli Istituti italiani di cultura, che possono ricoprire un ruolo molto importante per favorire le iniziative di scambio e di ricerca. La costituzione di un laboratorio per la produzione di materiale didattico, tramite un pool di docenti delle istituzioni brasiliane in stretta cooperazione con docenti e ricercatori dell'Università di Siena, è un elemento certamente molto valido.

 


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