Migrazioni e trauma

Andrea Lombardi

C’è un legame fra nostalgia e morte, nei rapporti di medici del
Medioevo, del Rinascimento e dei sec. XVIII e XIX1 . La nostalgia provocava, secondo questi testi, sintomi di malinconia che, secondo la psicanalisi può essere originata da un lavoro di lutto non realizzato o realizzato solo in parte. Nel suo testo Lutto e malinconia, S. Freud stabilisce un interessante vincolo tra la perdita della persona amata e la perdita di un’entità astratta. “Il lutto è normalmente la reazione alla perdita di una persona amata o di un’astrazione come patria, libertà, un ideale, ecc., che ha preso il suo posto. In alcune persone si mostra al posto del lutto la malinconia (sott. mia)”2 . Si stabilisce, così, un legame fra malinconia (come depressione, difficoltà nell’apprendimento della lingua straniera, oppure completa e rapida perdita delle radici proprie in favore di un’assimilazione completa, mantenimento di un esagerato accento e altri fenomeni caratteristici che si manigfestano anche nell’insegnamento della lingua come L2).
Gli effetti dell’emigrazione sono stati molteplici, sia sul piano culturale che su quello sociale, provocando la sovrapposizione di culture – fatto estremamente positivo che caratterizza la storia della cultura, dai primordi – e, allo stesso tempo, uno sradicamento individualizzato, un elemento doloroso e negativo. Una rottura in rapporto al tessuto sociale e culturale, sia sul piano psicologico che su quello linguistico, i cui effetti vengono studiati solo da poco tempo nell’apprndimento di una lingua straniera o nel comportamento generale3 . Questi disturbi sono originati dalla Heimweh (nostalgia, saudade), una malattia tipica degli emigranti (o immigranti). L’emigrazione può essere vista, pertanto, come una rottura, una ferita, un trauma (riprendendo il senso originale dall’etimologia greca della parola) e la riflessione su di essa può evidenziare la sottile, anche se decisiva, frontiera tra il concetto di heimlich (o familiare) e l’ unheimlich (o il non familiare, sinistro, il “perturbante”, secondo una pertinente definizione del critico italiano Mario Lavagetto).
Richiamare l’attenzione degli studi riguardanti le migrazioni su questi effetti nel nostro mondo multietnico e multiculturale contemporaneo non significa scartare l’enorme contributo dell’ibridismo, della sovrapposizione di elementi culturali differenti. Al contrario: valorizzare la memoria, può contribuire a arricchire l’effetto di questi resti che, rimossi o repressi dalla coscienza collettiva nel mondo contemporaneo per motivi diversi, possono celare elementi importanti della conoscenza di noi stessi, della nostra tradizione, della nostra identità.
Questi sono gli obiettivi che si propone il progetto Migrazioni e Trauma, uno dei progetti realizzati nell’ambito del Laboratório de Estudos sobre Intolerância (a cui hanno aderito già importanti ricercatori come Celso Lafer, Sérgio Paulo Rouanet e altri). Si tratta di un’Istituzione nata nell’Università di San Paolo, ma che vede già impegnate varie istituzioni in altri stati e in altri Paesi. Partecipano infatti i docenti della UFRJ (con la Prof.ssa Flora de Paoli Faria), della UFBA (Prof.ssa Silvia La Regina), dell’UFMG (Prof.ssa Ana Maria Chiarini), dell’Università di Roma (Prof. Mario Perniola, Prof. Fabrizio Battistelli), di Napoli (Prof. Angelo Trento), dell’Istituto di Psicologia del CNR (dott. Sergio Benvenuto). Nell’ambito del Progetto, è nato il Museu Virtual da Memória, che al più presto avrà il suo sito nell’internet.
Principalmente dedicato all’analisi della questione dell’emigrazione, il Museo virtuale della memoria vuole affrontare una doppia lacuna: la mancata riflessione sul problema dell’identità (storica, collettiva) dei paesi di emigrazione (trasformatisi negli ultimi decenni anch’essi in paesi di immigrazione), nei quali l’emigrazione può essere vista come una rottura, una ferita quasi inspiegabile difficile da cicatrizzare e che, a lungo, è stata lasciata senza spiegazione. Un approfondimento dell’esame del problema nei paesi di immigrazione – come il Brasile – nei quali il fenomeno è visto sopratutto in maniera agiografica e laudativa. In Brasile, cioè, non vengono normalmente considerate le difficoltà ed i problemi che gli immigranti hanno dovuto affrontare, primo fra tutti proprio la questione della nostalgia, il Mal di patria, un problema di dimensioni cosmiche. In altre parole: per paesi come l’Italia, che nel 1860-70 si unificava, l’apertura delle valvole dell’emigrazione di massa, che ha toccato in media il 30% della popolazione del nuovo stato (con percentuali evidentemente catastrofiche in alcune zone particolarmente colpite), non si può scindere la definizione dell’identità (il lungo camino dell’alfabetizzazione e diffusione della nuova lingua italiana, l’unificazione delle frontiere doganali, una omogeneizzazione delle tradizioni ecc.) da questo fenomeno così brutale, da questa espulsione, vissuta come esilio imposto (anche se mosso da fattori economici e sociali). Un paragone simbolico paradossale, ma sempre lecito, può essere quello delle vicende dei due fratellini Hänsel e Gretel, dei fratelli Grimm, una favola pubblicata nel secondo decennio dell’800. In essa i genitori decidono di portare i due bambini nella foresta, a causa di una crisi agricola e dell’inflazione, perché si perdano e perché non ritornino più a casa, cioè perché permettano ai due genitori di sopravvivere.
L’Italia appena unificata si comporta, in fondo, proprio come questi due genitori così poco affidabili ed affettuosi. Quando poi nella favola i bambini sopravvivono, arricchiscono e tornano a casa, vengono trattati come il figliol prodigo, rivelando da parte dei genitori una notevole rimozione o repressione cosciente del ricordo del misfatto. È significativo che Italo Calvino, nella sua densa prefazione alla sua edizione delle Fiabe italiane, degli anni Cinquanta, parli di spirito sanguinario e violento tedesco: un’immagine che l’insieme delle fiabe dei Grimm avvalorano, pur con gli sconti determinati dal contesto di allora. Una descrizione che potrebbe applicarsi al giovane stato italiano di allora, che centraliza in maniera autoritaria l’educazione (soluzione problematica), apre senza preparazione le frontiere doganali (provocando la distruzione dell’incipiente artigianato ed industria), reprime nel sangue e senza pietà il brigantaggio meridionale, fenomeno dietro cui si cela un misto di risentimento sociale, di arretratezza culturale sfruttata dallo stato della Chiesa non ancora domato e, effettivamente, di tendenze anarchicheggianti o all’illegalità pura e semplice (l’anarchico russo Bakunin trovava non a acaso appoggi, specialmente nelle regioni meridionali).
Il progetto, aperto a adesioni e collaborazioni, si propone dunque l’analisi di tematiche che riguardino l’emigrazione in quanto tale e, allo stesso tempo, che siano temi tipici per la letteratura. Temi dei progetti di ricerca (che potranno divenire workshop, seminari, incontri o pubblicazioni) sono i seguenti:
esilio; letteratura e trauma; lingua in transito; Brasile e l’immigrazione; immigrazione ebraica; migrazioni contemporanee in Europa e in Italia; letteratura e il doppio; transatlantici e viaggio; memoria; intolleranza.

Per qualsiasi contatto, scrivere a museuvirtualdamemoria@uol.com.br

 


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