Il dialeto nei romanzi di Andrea Camilleri

Giuseppe Petraglia

Nei lavori di critica letteraria italiana, il dialetto come una varieta‘ usata assieme a altre varieta‘ linguistiche (italiano letterario, neostandard, pastiche ecc.) nella stessa opera non ha finora ricevuto l’interesse che si merita (si veda la Premessa in Anceschi 1996).
Abbondano, e‘ vero, lavori critici che esaminano autori singoli e il loro rapporto artistico con il dialetto. E‘ altrettanto vero che gli studiosi di dialettologia italiana non hanno ancora portato il loro sguardo all’uso letterario del dialetto in concomitanza con altre varieta‘ della lingua.
Sembra allora che il dialetto, usato in letteratura insieme ad altre varieta‘ linguistiche, sia un’orfana accademica. In questa relazione si vuole costruire il ponte tra la critica letteraria e la dialettologia esaminando e distruggendo alcuni luoghi comuni ripetuti che banalizzano l’uso del dialetto sfruttato soprattutto nella produzione letteraria prosastica contemporanea. Per raggiungere questo scopo, e per tenere il discorso concreto, verra‘ analizzato l’uso del dialetto siciliano nei romanzi polizieschi di Andrea Camilleri.

Prima di analizzare la convivenza del dialetto con l’italiano in questi romanzi e‘ d’obbligo menzionare che le fonti attendibili che si occupano di questo scrittore sono poche. La mancanza di analisi disinteressate la dice molto di piu‘ sulla cultura imperante italiana che non sull’autore, sempre che non siamo incappati qui in una sorta di errore di deformazione prospettica (le parole sono di Telmon 1993:100) che si teme comune per chi guarda l’uso dell’italiano, e dunque l’Italia intera dal di fuori. Ci porterebbe lontano dal nostro scopo e sarebbe troppo lungo in questa sede occuparsi del caso Camilleri (o, come si preferisce chiamarlo nel sito della Mondadori il fenomeno Camilleri), un esempio di uno scrittore che gode di svariatissime centinaia di migliaia lettori (stimato ora a due milioni: Malatesta), snobbato (o quasi) allo stesso momento dall’egemonia imperante dei critici letterari di grido. La visione elitaria degli operatori culturali italiani regna suprema nel considerare chiunque venda molte copie dei propri lavori un autore solo popolare, di poca profondita‘ contenutistica e di poca innovativita‘ dell’espressione. Scrive Roberto Cotroneo:" ...i motivi del successo di Camilleri non vanno ricercati nel suo valore letterario - spesso troppo altalenante e troppo di genere per dare una valutazione - ma nel suo non essere letterato, nel suo modo di rassicurare il pubblico: con libri brevi, che della letteratura prendono il meno possibile, e della vita il piu‘ possibile...".
A parte di non dimostrare un giudizio sereno, Cotroneo probabilmente non ha letto attentamente i romanzi gialli, la cui vita e‘ dovuta anche a svariatissime citazioni di e da altri libri, sicuramente non facili, per esempio quelli di Jorge Luis Borges e Faulkner.
C’entra qui anche il fatto che i critici letterari italiani (un esempio lampante: Maria Corti) vogliono a ogni costo distanziarsi da chi si ostina a rimanere nell’ambito di un solo genere letterario, consacrato dal tempo, senza fare del romanzo un miscuglio di generi (Giovanardi 1998). Altre prospettive elitiste si lasciano scappare i commenti che fanno equivalere la popolarita‘ a una moda e si consolano dicendo “Tanto tra poco passa e comprare non significa leggere”. Comunque, basta menzionare qui il fatto che i lettori, appassionati sia dei contenuti che dello stile di Camilleri, lo seguono ormai da piu‘ di cinque anni. Inoltre, a febbraio nel 1997, e‘ stato creato un sito Internet, con il titolo moderno ma poco consone alla passione che lega i membri del Camilleri’s fans club (http://www.vigata.org). La nascita e l’ottimo contenuto di questo sito si meriterebbero una trattazione molto piu‘ ampia e a parte.
Non e‘ che tutti i giudizi siano negativi: a citare lo stesso Camilleri, sia Carlo Bo che Angelo Guglielmi lo difendono (Malatesta 1999). Manacorda elenca alcuni scrittori siciliani, tra cui anche Camilleri, premettendo alla lista la costatazione che questi autori citati hanno continuato a lasciare un segno particolarissimo; Manacorda non entra nei particolari e non li descrive tutti (solo Bufalino, Bonaviri e Consolo; Manacorda 1996: 930).
Andrea Camilleri (nato a Porto Empedocle, Agrigento, nel 1925), una lunga carriera di sceneggiatore e regista di teatro, nonche‘ autore teatrale e televisivo alle spalle, nel 1978 esordisce con il primo romanzo, Il corso delle cose (scritto nel lontano 1967); e‘ nel 1980 che la Garzanti e poi la Sellerio pubblicano Un filo di fumo. Ma e‘ dal 1994, dall’uscita del romanzo La forma dell’acqua, che Camilleri riscuote il successo dei moltissimi lettori. Due sono i filoni della produzione narrativa del nostro: i romanzi polizieschi e i romanzi storici, anche se spesso il contenuto degli uni e degli altri si sovrappone. I romanzi polizieschi hanno come protagonista Salvo Montalbano (a cui e‘ dedicato un sito internet, un simpaticissimo e umanissimo commissario di polizia di Vigata, una cittadina immaginaria della Sicilia attuale. Ghiotto di specialita‘ isolane, fedele, fino a Un mese, alla fidanzata genovese Livia Burlando, bravissimo nel risolvere casi di omicidi mafiosi e non, rispettoso e ammirevole di certe persone anziane, sensorialmente sinestetico [associa odore a colore], Montalbano viene presentato anche con le sue debolezze umane, quali per es., la sua dipendenza psicologica dalla situazione meteorologica, i modi bruschi e anche burberi nei riguardi dei suoi dipendenti, l’impazienza per certe maniere delle persone anziane. Ma Montalbano non e‘ solo il personaggio centrale per lo svolgimento delle azioni, e‘ anche il personaggio pivotale per quanto riguarda l’espressione linguistica, in quanto e‘ capace di destreggiarsi tra coloro che parlano in dialetto solo (come fa, per es., con Adelina, la sua donna di servizio), o in dialetto e in italiano (per es., con Tano ‘u grecu), o in una lingua maccheronica (con Catarella) fino a coloro che cercano di esprimersi in un italiano senza indizi di provenienza.
Che Camilleri faccia molta attenzione agli usi del dialetto o delle altre varieta‘ di lingua e‘ comprovato dal fatto che nei romanzi vengono espressi giudizi su diverse varieta‘ linguistiche, per es., Catarella chiama il suo linguaggio maccheronico taliano (Il cane di terracotta, p. 25); il questore dice che la lingua di Montalbano e‘ un italiano bastardo (Il cane di terracotta, p. 54), Livia non vuole che Montalbano parli in siciliano (Il cane 227).
Le varieta‘ linguistiche usate da Camilleri sono almeno cinque, ognuna con una funzione precisa:

1. Dialetto siciliano locale

Il dialetto siciliano locale che ricalca quello di Porto Empedocle, usato
A. nel discorso diretto di vari personaggi, per es., donne del popolo (nel cane di terracotta: Adelina; Mariannina, la sorella di Gege‘), i mafiosi (ne Il cane di terracotta: Gege‘ 173; Tano ‘u grecu; o altri malviventi Giugiu‘), dai coniugi siciliani, per es.:
i. Perche non ti sei fatta viva in questi giorni? Ca pirchi‘! Ca pirchi‘ a la signurina non ci piaci di vidirimi casa casa quannu ce‘ iddra. (Il cane di terracotta, p. 234).
ii. Madunuzza beddra! Pazzo nisci‘! Losso du coddru si ruppe! (Il cane di terracotta, p. 235).
iii. Vedi se sono astutati tutti e due, accussi‘ ce ne andiamo. (Il cane di terracotta, p. 174).
iv. Peju de li delinquenti! Peju de li assassini ci hanno trattato quei figli di lorda buttana! E chi si credono dessiri? Strunzi!...Cosi di pazzi! Cosi di pazzi!. (Il cane di terracotta, p. 49)
v. Ciccino, ma cu e‘ a chistura?. (Il cane, 112)
A. nelle formule magiche, proverbi:
Rapriti pipiti e chiuditi popiti (Il cane, p. 92)
Futtiri addritta e caminari na rina / portanu l’omu a la ruvina (Il cane, 143)
B. elenchi sinonimici (che, a proposito, ricordano quelle del maestro di questa trovata stilistica, il napoletano Giambattista Basile), per es.:
vignarole, attuppateddri, vavaluci, scataddrizzi, crastuna (Il cane 129)
nirbusi, sconoscenti, sciarreri (Il cane 138)
arrinanzato, parvenu, semianalfabeta, mezza calzetta (Il cane 152)
aggrugnato, trubbolo (Il cane 158)
una sisiata, una pigliata pi fissa, un tiatro (Il cane 173)

E‘ stato detto che il dialetto e‘ un’alternativa all’italiano per chi si accinge alla produzione letteraria (Corti in Beccaria 1975: 117).
Potrebbe darsi che questa affermazione appartenesse a chi scrive solo in dialetto. Non e‘ invece per niente vera per chi usa il dialetto come una delle tante varieta‘. E‘ emblematico l’esempio di Gadda, il cui Pasticciaccio non avrebbe sicuramente quell’impatto stilistico e contenutistico che ha senza l’apporto dialettale. Il dialetto, come lo intendono e usano i romanzieri moderni e contemporanei, non e‘ un’alternativa all’italiano, se non altro per le circostanze sociolinguistiche reali di un’Italia sempre meno diglottica.

2. Varieta‘ mista

Il dialetto siciliano che e‘ intimamente integrato nel discorso in italiano:
A. quando l’autore esprime gli stati d’animo o le azioni del commissario Montalbano, per es.:
i. [Montalbano] Dei morti se ne fotteva altamente, poteva dormirci ‘nzemmula, fingere di spartirci il pane o di giocarci a tressette e briscola, non gli facevano nessuna impressione, ma quelli che stavano per morire invece gli provocavano la sudarella, le mani principiavano a tremargli, si sentiva agghiacciare tutto, un pirtuso gli si scavava dintra lo stomaco. (Il cane di terracotta, p. 75)
ii. Se ne stava li‘, come affatato, a talia‘re la scena, scantato che un suo minimo gesto potesse svegliare dal sogno che stava vivendo (Il cane, p. 121)
iii. Riattacco‘ e esplose in un nitrito, altissimo, di gioia. Subito, nella cucina, si senti‘ un rumore di vetri infranti: per lo spavento, ad Adelina doveva essere caduto qualcosa di mano. Piglio‘ la rincorsa, sato‘ dalla veranda sulla rena, fece un primo cazzicatummolo, poi una ruota, un secondo capitombolo, una seconda ruota. Il terzo cazzicatummolo non gli arrinisci‘ e crollo‘ senza sciato sulla sabbia.
Adelina si precipito‘ verso di lui dalla veranda facendo voci...
(Il cane di terracotta, p. 235; v. anche 224, 240)
Il modo d’integrazione non e‘ certamente quello che si sente oggi in Sicilia, in altre parole Camilleri non fa usare ai personaggi italiano regionale di Sicilia (Leone). L’italianizzazione avviene chiaramente usando morfemi italiani attaccati alle basi siciliane, ma queste basi sono quelle che l’autore sceglie, non quelle che uno si aspetterebbe in un discorso mistilingue.
Spesso, il termine dialettale non e‘ adattato all’italiano se si tratta di sostantivi femminili:
sabbia vagnata 174
rumorata 174
ca‘mmara 9
rena sabbia 122

Nei sostantivi maschili, la -u finale del siciliano diventa -o:
il paro e il disparo 15; cinco 15
a meno che si tratti di nomignoli:
Tano u grecu 19

I termini dialettali si riferiscono alle pietanze regionali siciliane, per es.:
mostazzolo di vino cotto 18
pasta fredda con pomodoro, vasalico‘ e passaluna, olive nere 41
pasta ncasciata 120
tinnirume 150
petrafe‘rnula 155

Modi di dire o espressioni:
(sospetto di) sconcica, di presa in giro 19
magari io 20
gli saltava il firticchio 25 [Vocabolario siciliano: acchianarici u
furticchiu: andare in bestia]
capace che... 28
cinquantino
portargli adenzia 30 dargli adenzia 41
attaccare turilla 45, 86
pigliato dai turchi 69
rompere i cabasisi 99
notte funnuta 101
avere gana di Il cane 137
alla sanfaso‘ 137
si tiro‘ il paro e lo sparo 46
si fece papale papale 251
non era cosa 17
schina 35
magari 41
vasanno‘ 62
che fu 112
sintassi:
Io una tomba sono. 47
una poco di interrogativi 125

B. nel discorso diretto di vari personaggi (mafiosi, rappresentanti delle forze dell’ordine):
. Eh no, duttureddru, non e‘ la stessa cosa, mi meraviglio di lei che sapi leggiri e scriviri, le parole non sono uguali. Io mi faccio arrestare, non mi costituisco. Si pigliassi la giacchetta che ne parliamo dintra, io intanto rapro la porta. (Il cane di terracotta, p. 20)
ii. (Lei non ci crede che io sono malato?) Ci credo. Ma la minchiata che lei vuole farmi ammuccare e‘ che per essere curato lei ha necessita‘ di farsi arrestare... (Il cane di terracotta, p. 22)
E‘ indiscutibile che la base linguistica di tutti i romanzi di Camilleri e‘ l’italiano. L’innesto del ramoscello siciliano su questo tronco italiano avviene come il risultato di un’operazione dall’alto, e‘ un processo colto, come l’ha definito Lo Piparo (Di Caro, 1997): Camilleri [in confronto a Verga] compie un’operazione di tipo lessicale, non di sintassi. Nei suoi romanzi ci sono dei termini dialettali ma l’impianto resta italiano.
Diciamo che Camilleri parte dall’italiano per arrivare al siciliano...Il siciliano e‘ ormai una scelta colta: sono le persone colte che oggi parlano il siciliano, gli incolti, parlano un brutto italiano.
L’ innesto del siciliano sul tronco italiano e‘ stato chiamato pastiche (Mondadori [che e‘ uno dei suoi editori] sul sito libri on line: "Il pastiche linguistico di Camilleri e‘ ineccepibile dal punto di vista ritmico e sonoro e si e‘ dimostrato amabile anche presso il vasto pubblico")
"una lingua mescidata, e sprofondata talvolta nel ventre del dialetto" (Onofri 1995:239)
Molto spesso non piace ne‘ l’innesto, ne‘ il tipo di italiano: Guarini (1999):
"In questa scrittura ce‘ del metodo. Trattasi come‘ noto, di un correttissimo italiano basico che Camilleri, per certe sue insondabili ragioni, ritiene doveroso insaporire conficcandovi qui e la‘ qualche vocabolo siciliano. Ignoto e‘ il principio che governa lo sparpagliamento di questi termini sulla superficie della pagina."
Cotroneo:"Storie che scrive usando il dialetto, ma che non e‘ un linguaggio rivoluzionario, reinventato, non e‘ il lombardo di Gadda, non e‘ neppure il siciliano denso e sofisticato di Vincenzo Consolo".
Camilleri fa di tutto per indicare al lettore accorto il significato dei termini siciliani che non sono facilmente comprensibili (anche se in un’intervista ritiene che il suo e un linguaggio misto, italiano e dialetto siciliano, non facilmente comprensibile [Malatesta, 1999]) : ex., Il cane 68, Il cane 93 attraverso la domanda del questore, cosa sono le farlacche, il lettore ottiene la risposta 152, 155, 171, 188.
Questo atteggiamento di Camilleri, per niente sofisticato, facilita lo scorrere della lettura immensamente. Nel giudizio di Cotroneo, Camilleri scrive in una lingua che si fa leggere.

3. L’uso del dialetto paragonato all’uso dell’italiano

L’uso del dialetto non potrebbe essere spiegato se non viene messo in paragone con i brani pochi, e brevi, in italiano. Questi brani trattano generalmente:

A. temi di attualita‘ e commenti socialmente rilevanti dell’autore.
Due novembre, festa dei morti.
Festa ormai persa, cancellata dalla banalita‘ dei doni sotto lalbero di Natale, cosi‘ come facilmente adesso si cancellava la memoria dei morti. Gli unici, a non scordarseli, i morti, anzi a tenacemente tenerne acceso il ricordo, restavano i mafiosi, ma i doni che inviavano in loro memoria non erano certo trenini di latta o frutti di martorana. (Il cane di terracotta, p. 41). Altri esempi p. 42.
In un’intervista concessa ai membri del Camilleri’s fans club, alla domanda: Perche‘ usa l’italiano nei brani che riguardano i commenti sulla vita moderna?, lo scrittore ha risposto in questo modo: "Ci ho pensato a lungo, all’atto della scrittura, e sono pervenuto a questa scelta motivata: in questo modo, nessuno dei miei lettori si sarebbe dovuto sottoporre a un minimo sforzo per capire"(http://www.vigata.org/intervista/intervista.shtml).
B. descrizione dei programmi delle trasmissioni televisive
i. In televisione cerano un dibattito sulla mafia, uno sulla politica estera italiana, un terzo sulla situazione economica, una tavola rotonda sulle condizioni del manicomio di Montelusa, ... (Il cane di terracotta, p. 154)
C. presentazione di alcuni personaggi la cui funzione fondamentale nello svolgimento delle azioni non vuole essere apertamente svelata dall’inizio, per es.,
i. Il preside Burgio era andato in pensione da una decina d’anni, ma tutti in paese continuavano a chiamarlo cosi‘ perche‘ per oltre un trentennio era stato preside della scuola d’avviamento commerciale di Vigata. (Il cane di terracotta, p. 105)

4. Il dialetto di Catarella

C’e‘ anche un personaggio che si esprime in una lingua che si puo‘ definire come maccheronica, un miscuglio di italiano burocratico e formale, italiano popolare, e dialetto. Questo tipo di lingua crea incomprensioni e situazioni altamente comiche. Il personaggio e‘ Catarella, assunto nel Commissariato perche lontano parente di un ex-onnipotente onorevole. I passi valgono la pena di essere citati per intero; eccone un esempio:
"Un giorno a Montalbano Catarella si era presentato con la faccia di circostanzia.
Dottori, lei putacaso mi saprebbi fare la nominata di un medico di quelli che sono specialisti?.
Specialista di cosa, Catare‘?
Di malattia venerea.
Montalbano aveva spalancato la bocca per lo stupore.
Tu?! Una malattia venerea? E quando te la pigliasti?.
Io m’arricordo che questa malattia mi venne quando ero ancora nico, non avevo manco sei o sette anni.
Ma che minchia mi vai contando, Catare‘? Sei sicuro si tratta di una malattia venerea?
Sicurissimo, dottori. Va e viene, va e viene. Venerea."
(Il cane di terracotta, p. 25-26)
vedi anche p. 57
Il cane, 94
Il cane 131
Il cane 140-141, 178

5. Altri dialetti

L’uso di dialetti diversi dal siciliano (Il cane - milanese 107, La mossa del cavallo - il genovese) sono stati spiegati dallo scrittore stesso, specialmente per quanto riguarda il genovese del romanzo La mossa del cavallo: il dialetto cosi diverso dal siciliano fa capire la difficolta‘ del personaggio (nato in Sicilia, ma vissuto a Genova) di capire il mondo siciliano.

6. Anglicismi

Ci sono pochi anglicismi (freezer, Il cane di terracotta, p. 108), il che fa pensare che l’italiano di Camilleri sia quello che i linguisti chiamano neostandard e dell’uso medio (Berruto 1987) che si avvicina al parlato (che, secondo le recenti statistiche, contiene pochissimi anglicismi (De Mauro 1993: 151).
In conclusione, il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri svolge un ruolo di sostegno alle diversissime funzioni che l’autore cerca di far assumere a tutte le varieta‘ linguistiche che si trovano nei suoi lavori. L’uso del dialetto in Camilleri ha svariate funzioni: prima di tutto, c’e‘ la necessita di identificare piu‘ concretamente i luoghi delle azioni, perche‘ Camilleri non parla di avvenimenti generali, universali, ma di eventi calati nei luoghi e tempi specifici, sebbene immaginari. Questa funzione di presa maggiore sulla realta‘ e‘ ben nota e sfruttata da moltissimi scrittori moderni e contemporanei (Paccagnella 1993). L’altra funzione e‘ quella di far sentire ai lettori certe circostanze comiche, umoristiche, che spesso sfociano nell’ironia. La tragedialita‘ dei siciliani, cosi chiamata da Camilleri stesso questa caratteristica dei siciliani di costruirci, di indossare maschere sempre diverse, di fare teatro (Camilleri, intervista con Raffaella Campo) e‘ chiaramente possibile anche grazie alla variazione linguistica, ai vari repertori di cui godono molti personaggi. L’intento di Camilleri lo porta a dilettare e divertire il lettore ma soprattutto a suscitare la riflessione, a denunciare una realta‘ storica come quella siciliana piena di sofferenze e ingiustizie (intervista con Raffaella Campo). Il dialetto viene usato anche nelle circostanze altamente drammatiche (per es., la discussione tra Montalbano e la sorella di Gege‘).
Secondo Collura (1998), per Camilleri "il dialetto siciliano e‘ di tipo folkloristico, e percio‘ di una “rassicurante” Sicilia come la immaginiamo o la vorrebbero milanesi e trevigiani". Questa opinione non credo possa sussistere se vagliata con l’occhio attento al testo. Si, e‘ vero che a parlare solo in siciliano sono i personaggi di un ceto sociale basso e appartenenti a gruppi mafiosi, ma allora e‘ un’immagine molto piatta della Sicilia quella che propone Collura per milanesi e trevigiani.
E‘ questo un altro indizio di una stereotipizzazione che e‘ dura a morire?
Infine, quale e‘ il ponte che si potrebbe costruire per collegare la critica letteraria e la dialettologia? Fino a quando i critici letterari sosterranno che il dialetto e‘ un alternativa folkloristica all’italiano, i dialetti saranno relegati all’esistenza macchiettistica, secondaria, all’italiano. Se invece il dialetto e‘ visto come una varieta‘ con la stessa dignita‘ e le stesse possibilita‘ stilistiche dell’italiano, la storia linguistica italiana e la dialettologia si potranno finalmente dare la mano. Uno dei meriti di Camilleri, a nostro avviso, e‘ l’inizio di una possibile vicendevole collaborazione.

Lavori citati:

· Anceschi, Giuseppe. La verita‘ sfacciata. Appunti per una storia dei rapporti fra lingua e dialetti. Firenze: Olschki, 1996.
· Beccaria, Gian Luigi. Letteratura e dialetto. Bologna: Zanichelli, 1975.
· Berruto, Gaetano. Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo. Firenze: La Nuova Italia Scientifica. 1987.
· Camilleri’s Fans Club http://www.vigata.org
· Collura, Matteo. Via col blues palermitano. Corriere della sera 01.11.1998.
· Cotroneo, Roberto. Caro Camilleri, stia attento al suo pubblico. wysiwyg://15/http://es[ressoedit.kataweb.it/online/link/link_271998.html
· De Mauro, Tullio. Dialettalismi ed esotismi in Lessico di frequenza dell’italiano parlato, T. De Mauro, F. Mancini, M. Vedovelli, M. Voghera. Roma; Etaslibri, 1993: 148-151.
· Di Caro, Mario. Ma il suo siciliano e‘ una scelta colta. la Repubblica 22.11.1997.
· Giovanardi, Stefano. 1998. Camilleri? Se vi piace il genere... Panorama N.48 - Anno XLIV - 3 Dicembre. 131-132.
· Guarini, Ruggero. La scrittura di Camilleri? Sotto le spezie, solo italiano basico. Panorama 20-05-1999.
· Il Fenomeno Camilleri. http://www.momdadori.com/libri/cover/camileri/v01.html
· Leone, Alfonso. Litaliano regionale in Sicilia. Bologna: Il Mulino, 1982.
· Malatesta, Stefano. Camilleri tra i cannibali. la Repubblica venerdi‘ 17 settembre 1999.
· Manacorda, Giuliano. 1996. Storia della letteratura contemporanea. Roma: Riuniti.
· Onofri, Massimo. Tutti a cena da Don Mariano. Milano: Bompiani, 1995.
· Paccagnella, Ivano. Uso letterario dei dialetti in Storia della lingua italiana a cura di L. Serianni e Pietro Trifone, vol I. Torino: Einaudi, 1993: 495-539.
· sito Montalbano. http://www.geocities.com/Athens/Agora/1803/
· Telmon, Tullio. 1993. Varieta‘ regionali in “Introduzione all’italiano contemporaneo”. La variazione gli usi, curato da Alberto A.Sobrero. Bari: Laterza, 93-149.
Vocabolario siciliano. Palermo: Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 1977-1990.

 


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