Memoria e immaginazione
Amalgama di vita nelle narrative di Anna Maria Ortese

Katia D'Errico

Tra i tanti autori che scrissero sui molteplici aspetti della cultura meridionale, troviamo Anna Maria Ortese (1914-1998). La biografia di Ortese si mescola con la sua opera, nata dai ricordi e dalle visioni. La sua storia di vita bisogna essere letta alla luce della dubiosità, in un’atmosfera nebulosa dove ciò che è visibile può nascondere delle particolarità, che svelano uno stile denominato “rêverie”, nel quale la immaginazione e la memoria si traspassano “(...) poiché ‘sognatrice di fiamella’ può definirsi questa donna, a tutti gli effetti apparentata a coloro che sognano (...)”
Le narrative di Anna Maria Ortese si confondono con la sua vita e allo stesso tempo si rivelano nelle denuncie di una realtà che potrebbe essere metafora del sud d’Italia. La sua vita si scrisse con il dramma dell’esilio. Ortese visse lo sradicamento della Patria sin dai primi anni di vita col pellegrinaggio della famiglia tra Puglia, Napoli, Potenza e Trípoli, dal 1924 al 1928.
Nel 1928, gli Ortesi tornarono a vivere a Napoli “in alcune povere stanze della zona portuale della città destinata, negli anni, ad assumere nell’immaginazione di Anna Maria i connotati di una visionaria Toledo: mirabile esito di una fantasia toponomastica ispirata dai Quartieri Spagnoli e dall’antica via (via Toledo, appunto) che li attraversa e li collega al mare (...)” .
Tutte le conseguenze dell’esilio traboccano nelle opere di Ortese, ricca di memoria e immaginazione. Le reminiscenze richiamano le vicende passate e danno spazio alla memoria, tante volte incapace di ricordarsi perfettamente di tutto ciò che gli appartiene ed è in questo momento che la fantasia prende forma e dà ali al pensiero.
Il libro Il mare non bagna Napoli punta sulla miseria e squallore della Napoli del dopoguerra, paese destinato alla rovina e disperazione. Nella memoria e immaginazione di Ortese troviamo una vita di incertezze e lotte, che rispecchiano le realtà e i sentimenti capaci di far vedere ciò che è forza e desiderio e non solo lamento ma anche impegno con la società che vuole cambiare.
Il porto di Toledo presenta una sorta di mimetismo moro della città di Napoli, attraverso la rappresentazione della vecchia città Spagnola e richiama le origini di Ortese, figlia di padre catalano. La scelta del titolo fu arbitraria ed ebbe ispirazione nel nome del quartiere napoletano, vicino al porto. Qui, si può individuare l’idea di mare suggerendo libertà, crescita e progresso tutto ciò che contrasta con la realtà miserabile in cui si sprofondò la famiglia Ortese. Il porto di Toledo si basa sulla memoria sconvolta di Damasa, vissuta prima della guerra nella città immaginaria di Toledo, mentre si sta tratteggiando la figura di una enorme Tigre: la guerra. Qui, Napoli è ornata con vesti ispaniche, rappresentata metonimicamente dai quartieri Spagnoli. Tutti gli elementi della città, tra topografia e toponomastica, vengono trasfigurati in un’associazione fantastica tra Napoli e Toledo.
In Poveri e semplici Ortese rivelò la propria coscienza dinanzi ad una realtà intollerabile e la sua responsabilità con la società bisognosa di giustizia. La protagonista Bettina, giovane scrittrice, vive una esperienza di vita comunitaria con giornalisti ed scrittori, in periodo posbellico, all’inizio degli anni Cinquanta, la quale rivela gli ideali politici e intellettuali, incentrati sulla solidarietà del grupo e le sue aspirazioni. Su questo, dice Ortese: “Mi premeva di raccontare la breve storia di una fede (...), non so se ci sono riuscita.”
Anna Maria Ortese dimostrò tramite le sue opere grande preoccupazione con il destino del popolo napoletano, con il quale si identificò nel dolore: “Ma...non so...forse’, dissi. E le feci presente il mio ideale: lavorare per l’umanità, mediante il mio, lavoro di scrittrice. Collaborare alla pace e al miglioramento degli uomini. Questo, secondo me, era il compito degli scrittori” .
Il sentimento di desiderio di giustizia descritto nei dettagli della narrativa ortesiana espone la via crucis del popolo napoletano, le sue ferite e le cicatrici, tracce comuni a quelli che condividono lo stesso dramma.
La storia di Anna Maria Ortese è anche quella di tanti emigranti che sono stati costretti a partire e hanno lasciato le loro radici per andare in cerca di una vita più degna. La sofferenza e gli ostacoli sono, tante volte, i responsabili per il fenomeno dell’emigrazione.
Gli emigranti portano nel loro bagaglio il desiderio di ritorno e cambiamento e nell’opera di Ortese si trova l’opportunità di riflessione sulla realtà di alcune società perché si possano stabilire criteri di vita e ripensare i valori.

Katia D’Errico
Professoressa di lingua e letteratura italiana

 

 


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