Leggere in italiano forse mi culla

Marina Colasanti ha scelto il portoghese come patria di espressione letteraria. Ma l’italiano canta con forza diffusa e misteriosa. Scrittrice coltivata da tantissimi lettori, poetessa, scrittrice (oltre trenta libri editi), ha tradotto diversi autori italiani da Moravia sino a Collodi. Ha scritto sul cinema, sulla fiaba, e in modo particolare sulla condizione dei rapporti umani.

D - Sono tante le patrie che dimorano in te. Ci sarebbe un divarico o meno tra le geografie che ti circondano?
R- Di sicuro un divarico esiste. Un divarico di distanza fisica e di tempo. Che non si traduce in un equivalente divarico di sentimenti, ma che comunque non posso ignorare.
D - Pensi di rivedere l’Africa oppure ti basterà quella zolla natia che un giorno ti fu portata da un amico?
R- Da tempo ci penso . E non si tratta di rivedere l’Africa, ma quell’ Africa, la mia. E ovviamente
è un desiderio irraggiungibile, poiché quell’Africa non esiste più. Mi domando che senso avrebbe andare oggi a Tripoli, dove ho vissuto con I miei genitori. La Tripoli che cercherei, quella della nostra casa con il grande fico d’India contro il muro, o quella della fotografia di mia madre, con degli archi bianchi al fondo, lei con un turbante come era di moda allora, la Tripoli che lasciammo a bordo di un idroplano , quella di sicuro non la troverei. E che Asmara mi verrebbe incontro dopo tanto anni di guerra e distruzione? Non quella che conservo in un cassetto nella fascia rossa degli Ascari, ne quella dove i miei genitori andavano alle feste avvolti negli albornos ricamati. Con quell’Asmara è scomparso anche l’indirizzo dove abitavamo, e non potrei ritrovare
neanche un portone, una strada. La zolla di terra portatami dall’amico è di sicuro più prossima ai ricordi di quanto non lo sia la realtà.
D - Il rapporto tra l’italiano ed il portoghese come si svolge in te?
R- Il portoghese è la lingua del mio lavoro e del mio quotidiano. L’italiano è la língua che parla l’anima mia. Spesso mi succede di prendere gli appunti, di fare la prima stesura di un racconto in italiano, per poi scriverlo in modo definitivo in portoghese. A scrivere mi ritrovo meglio in portoghese, la certezza assoluta, la penetrazione totale della lingua ce l’ho in portoghese. Ma oso dire che leggere in italiano mi affascina in un modo tutto speciale, e unico. Forse mi culla.
D - La tua opera è assai nota ed amata in Brasile. Ma vorrei sapere della tua quasi eclissata poesia in italiano...
R - In italiano, direi che niente. Ossia, a volte sì, la poesia, per il gusto, per il riflusso dell’anima in bocca.
Ma come cosa puramente personale. Nei miei libri di poesia, spesso ho incluso poesie in italiano, senza traduzione, appunto per riaffermare la mia italianità, per dire : così parlo quando sono in silenzio.
D - Sarebbe l’ora di organizzare un volume della tua poesia in lingua?
R -No, di sicuro no. Non ho ancora costituito un discorso poetico sufficiente in italiano. E mi sembra sempre di avere un vocabolario povero, lineare, forse il vocabolario che mi è rimasto, che mi sono sforzata di far rimanere, senza un aggiornamento rigoroso e costante. Le lingue cambiano ogni giorno, e io vivo troppo lontana dall’Italia per ascoltare, ogni giorno, i cambiamenti della sua voce.
D - Quali sarebbero i momenti in cui l’italiano sorge come un vero bisogno di espressione?
R- Quando scrivo il mio diario. Mai l’ho scritto in portoghese.
D - La tua opera in Italia come si trova e qual è la parte verso cui tende più spesso il pubblico?
R- Non esiste. Ho pubblicato anni fa un racconto per ragazzi che ho tradotto io stessa, in una antologia con quattro racconti. E basta. L’Italia, come mercato editoriale, é per me lontanissima, piú lontana della Francia e della Spagna, dove ho pubblicato alcuni libri .
D - Daresti un nome alla tua cittadinanza letteraria?
R- Per rispetto al Brasile e alla lingua in cui scrivo, mi considero una scrittrice brasiliana.
D - Hai curato uma bellissima traduzione di Pinocchio. Parlaci di quella tua esperienza e delle radici che ti legano al mondo fiabesco italiano...
R - Una passione di tutta la vita. Conservo ancora la storia di Pinocchio in una collezione di dischi Durium ( dei dischi di cartone , affinché I bambini non si ferissero) che mi regalarono verso la fine della guerra, quando avevo circa 7 anni. Sono stata io a proporre la traduzione alla casa editrice . Da molto non esisteva più in Brasile una traduzione completa. Inoltre è un eroe povero, spesso spinto dalla fame nelle sue avventure, un eroe che, nonostante di legno, sarebbe parso familiare a tanti bambini brasiliani. Ho fatto la traduzione con tanto piacere, che mi sembrava di dover essere io a pagare. Le fiabe sono per me l’origine della lettura. Ho cominciato ascoltandole, poi leggendole. Oggi le scrivo. E so di avere in me le fiabe italiane, piene di sole e di gioia di vivere, dove gli eroi mangiano pane e salame e gli orchi spetazzano perché hanno la pancia sempre piena. Favole anche drammatiche, mitiche, ma mai nebbiose come quelle tedesche. Oggi mi incanta il discorso che, sulle favole, porta Citati.

 

 

 


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