Il compositore Veneto che assassinò Mozart: Antonio Salieri

Franco Vicenzotti

C’è sempre più attenzione, in Italia, alle cosiddette civiltà di frontiera; realtà geografiche che confinando con Paesi stranieri si sono sviluppate come ponti fra culture, con contaminazioni e prestiti dai risultati spesso affascinanti. Basti pensare a Trieste come luogo deputato dello sviluppo di una letteratura e di una poesia fortemente mitteleuropea, molto più incentrata sui poli di Vienna, Budapest e Praga che non su influenze provenienti da Roma. A Trieste, ha scritto le “Odi di Duino” Rainer Maria Rilke; per molto tempo ha insegnato l’inglese James Joyce mentre già elaborava molti temi che sarebbero confluiti in quel capolavoro della letteratura del ‘900, che è l’Ulysses, forse influenzato dalle lunghe conversazioni con Italo Svevo, autore di capolavori ispirati alla psicoanalisi come, “Senilità” e “Una Vita”.
Italo Svevo, già nel nome rivela il desiderio di collocarsi a cavaliere di due culture diverse; era stato battezzato Ettore Schmitz, volle privilegiare l’identità culturale italiana senza peraltro rinnegare quella tedesca: per cui la scelta Svevo.
C’è peraltro un compositore frutto della grande stagione barocca veneziana, Antonio Salieri che ancor meglio di Svevo interpreta la figura dell’intellettuale che vive ai confini, a cavaliere di due diverse culture.
Salieri ha vissuto l’ultimo periodo di grande splendore della Repubblica Serenissima: era infatti nato a Legnago di Verona, nel 1750, trasferendosi adolescente a Venezia per studiare composizione sotto il grande L. Gassman che peraltro nominato Maestro di Cappella presso la Corte Asburgica a Vienna fece pressione perché il promettente adolescente lo raggiungesse in quella che era allora la capitale della musica classica europea per raffinare i suoi studi e trovare orizzonti più ampi di quelli, ormai, angusti, asfittici della Repubblica Serenissima in declino; declino splendido, fastoso, soprattutto per le arti e la musica, ma pur sempre declino.
Il Salieri apprese talmente bene la lezione dal suo Maestro, nonché mentore Gassman, da succedergli alla morte come nuovo Maestro di Cappella Asburgica.
Recentemente si è riaperta la Cattedrale della musica lirica europea finalmente restaurata: La Scala di Milano.
È segno di una nuova attenzione dei critici musicali alla grandiosa opera di Salieri, il fatto che si sia riaperta riproponendo, dopo duecentoventicinque anni, la stessa opera “Europa Ritrovata” con cui aveva, per la prima volta, aperto le porte al pubblico il tre agosto 1778.
Insomma da Salieri a Salieri, con un titolo che sembra anche plaudire al ritorno del “Altra Europa” in seno all’Europa tout court.
Ma che fine ha fatto allora la leggenda ripresa anche in tempo recente, dal bellissimo film Amadeus di Forman, di un Salieri, bravo ma non eccelso musicista, che compone con il sudore della fronte e che invidia il genio del giovanissimo Mozart che imberbe, compone un capolavoro dopo l’altro, apparentemente senza sforzo, solo per le sue eccelse doti creative? Invidia che alla fine lo spingerà ad avvelenarlo fino a farlo morire in giovanissima età? È una leggenda e come tale dev’essere presa: i melomani mitteleuropei, innamorati di Mozart non potevano immaginare che un genio creativo tanto amato dagli Dei, potesse da questi essere fatto scomparire tanto giovane, con chissà quale futuro di compositore davanti.
Era molto più facile, in termini emotivi, inventarsi l’avvelenamento di Mozart da parte di Salieri: l’invidia è un sentimento diffuso e molto più razionalmente accettabile che l’improvvisa scomparsa di un genio.
Questa leggenda, peraltro, ha in parte danneggiato la fortuna critica del Compositore Veneto, ne ha anche sminuito l’indubbio valore che gli era riconosciuto a Vienna anche dallo stesso giovane Mozart.
Con Salieri, la tradizione musicale di Venezia, una delle più importanti nel mondo, si è arricchita di un altro compositore di fama universale, sulla scia del Vivaldi, del Tartini, di Benedetto Marcello.


 

 


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