Sergio Campailla & il simbolismo ed il Paradiso Terrestre

Eugenia Maria Galeffi

Scrittore genovese contem-poraneo, Sergio Campailla ci fa intravedere nel simbolismo – letto fra le righe – del suo romanzo Il Paradiso Terrestre le forti radici siciliane. Radici che hanno subito il retaggio della civiltà greca, in cui l’idea del destino era nettamente fatalistica. Si tratta di una narrativa, la cui lettura può essere vista dal punto di vista iniziatico, o meglio, contro-iniziatico poiché il protagonista - al contrario di Dante - comincia il suo viaggio partendo dal paradiso terrestre.
Il Paradiso Terrestre è un libro che ci parla anche della realtà politica e sociale dell’Italia odierna con riferimenti, da un lato, agli aspetti tipici della società moderna non solo insulare, ma globale, tali il consumismo e l’urbanizzazione, il turismo e lo spettacolo, lo sport, la meccanizzazione e dall’altro, perfino a problemi politici e climatici come la mafia dell’acqua e la siccità (leitmotiv che fa muovere l’azione narrativa) come quella del 1982, epoca in cui è ambientata la storia.
Il protagonista, Vanni Corvaia, è problematizzato all’interno di una serie di simboli che lo portano a inseguire il cammino della propria conoscenza. Egli va alla ricerca di se stesso e delle sue origini. Prende coscienza di essere nel mondo ossia cerca di “avere a che fare con il mondo” heideggerianamente parlando, ma si sente estraneo.
In chiave simbolica Il Paradiso Terrestre allude all’unità che è occulta: la Moira greca – il destino. Il personaggio è coinvolto in una trama di avvenimenti magici che indicano la direzione da prendere davanti ai fatti che rivelano dei segni esoterici come la lettera del diavolo, dei segni numerici e cabalistici come il quadrato magico e il labirinto.
Il personaggio Vanni Corvaia è genovese di origine siciliana e per questo non si sente né totalmente siciliano, né totalmente genovese. Va in vacanza in Sicilia alla ricerca della propria identità, attraverso l’indagine della nobile origine materna. Con destinazione Modica si ferma ad Agrigento a visitare i templi - e come architetto-archeologo non poteva scegliere luogo migliore, sia come professionista sia per lasciar spaziare la sua fantasia dilettantistica. Niente di più romantico e mitico che conoscere una greca, bella e bruna come era sua madre, che non a caso si chiama Penelope e che per di più, corrisponde i suoi sentimenti.
Campailla nella sua opera traccia l’itinerario della conquista di un tempo, in una vera avventura alla ricerca dell’Ellade perduta e riesce appunto a riscattarla con la sua fertile immaginazione. Dalla sua penna, carica di miti e di simboli, fluisce l’energia sensuale e ad un tempo tragica, atavico retaggio naturale, poiché Eros è sempre accompagnato da Tánatos, dove i fatti presenti rievocano i fatti passati, dove i Templi sono testimoni dell’Eros al punto di assistere alla propria dissacrazione. Così, d’altro canto, le tradizioni, religiose o no, come la processione di San Calò o la mattanza del tonno, il cui canto funebre, la cialoma, ci fa ricordare il trénos di una tragedia greca.
Leggere Il Paradiso Terrestre significa intraprendere un viaggio attraverso la mitologia ellenica il cui tempo va a ritroso e diventa realtà viva e palpabile. Per accedervi basta penetrare le mura greche della Valle dei Templi: si giunge addirittura ad un’altra dimensione, alla Harry Potter. Come nel romanzo appena citato, c’è chi riesce a vedere il binario 9 e mezzo e chi non riesce a scorgerlo: dipende dalla sensibilità del visionario. L’itinerario del romanzo ci porta a visitare i luoghi più inusitati in cui l’intertestualità tesse la trama di un destino cullato dalle Moire.

 


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