25 Aprile: Anniversario della Liberazione dell'Italia

Maria Pace Chiavari

Di Bruno Giorgi artista, con più di cinquanta anni dedicati alla scultura ed una produzione di numerose opere conservate in musei, case, palazzi, giardini, piazze e strade di diversi paesi hanno già scritto in molti. Ma qui voglio ricordare la sua storia di figlio di emigranti, di viaggiatore tra due continenti, di intellettuale pronto a resistere ad ogni forma di oppressione politica e culturale.
Per presentarlo non trovo di meglio che citare una sua intervista concessa a Maribel Portinari(1) “Sono nato a Mococa (13 agosto 1905) nello stato di San Paolo dove mio padre arrivò a cavallo con tutta la famiglia per lavorare nel commercio di esportazione del caffè. Mio padre era discendente di contadini e studiava medicina, ma dopo aver discusso con un professore abbandonò gli studi. Chiese quindi ad uno zio 200 Lire e comprò un biglietto per il Brasile in una nave piena di emigranti. Grazie ai suoi studi trovò un lavoro di gerente in una farmacia a Santos dove poco dopo (1907) fu nominato Console dal Governo Italiano. Si arricchì con il commercio del caffè e lottò per migliorare il destino dei compatrioti sfavoriti dalla sorte. Le preoccupazioni sociali sono state costantemente presenti nella nostra familia.” L’esperienza di emigrante, anche se vissuta in condizioni particolarmente favorevoli rimane sempre viva nei suoi ricordi. Dopo il Brasile, tutta la famiglia si trasferisce per um breve soggiorno in Argentina per poi rientrare, tra il 1910 e il 1911, in Italia, o meglio in Toscana, da dove suo padre Fernando era partito. Dopo qualche anno si spostano definitivamente a Roma dove Bruno inizia i suoi studi all’Accademia di Belle Arti e parallelamente, senza molto entusiasmo, lavora con il padre.
La situazione politica italiana in questi anni si fa sempre più tesa. Dopo la morte del padre (1925) i giovani fratelli, Bruno e Cesare, aderiscono a movimenti antifascisti. Bruno conosce Gramsci e ne rimane entusiasta. Il suo atteggiamento in relazione alla politica è passionale, piuttosto anarchico come lui stesso riferisce:” Ho assunto con il corpo e l’anima la guerra contro il dispotismo di Mussolini... Era una posizione romantica la mia,.... volevo liquidare il Duce da solo e ne parlavo tanto che ho finito per essere arrestato(2).
Nel 1931 venni arrestato come antifascista e rimasi in prigione fino al 1935. Il regime carcerario nei confronti dei prigionieri politici era tremendo. È stato proprio lì che mi sono formato una vera coscienza, che ho capito perchè l’arte in Italia era rimasta stagnante. Qualsiasi pensiero libero o originale era considerato criminoso. È nelle prigioni che ho conosciuto il vero sentimento del popolo italiano, perchè lì ho incontrato un numero incalcolabile di giovani, i più forti oppositori al regime e che erano i migliori rappresentanti dell’intellighenzia in questo bel paese europeo. In contatto con loro si è modellata la mia vera personalità. Ho conosciuto artisti come Manzù, uno dei maggiori scultori della nuova generazione condannato a 18 anni di prigione”(3).
Nelle carceri di Ponza Bruno Giorgi attribuisce un nuovo valore alla sua nazionalità brasiliana, acquisita per nascita, che gli permette in questo difficile momento di rivendicare la libertà.
Nella stessa prigione conosce Carlo Segre e la figlia Giuliana, con cui si sposa. Con l’aiuto della moglie e dell’ambasciatore brasiliano in Italia, José Carlos Macedo Soares riesce infine ad ottenere l’estradizione per il Brasile.
“Studiavo Hegel dal punto di vista politico e ne facevo la sua trasposizione in estetica. Ho anche studiato Giambattista Vico e Benedetto Croce. Leggevo tutto. La prigione ha avuto questo lato positivo. Si trova tempo per leggere.”(4)
La storia personale svolge un ruolo fondamentale nella maturazione dell’artista. La creazione è prima di tutto una questione di memoria ma anche di resistenza culturale e politica.
Nel 1936 tornato in Brasile, Bruno Giorgi deve rispondere al processo, ma nonostante il regime “getulista” è liberato. Il suo temperamento irrequieto, nel ‘37 lo riconduce in Europa, questa volta approda a Marsiglia, in Francia, con l’intenzione di partecipare, insieme al fratello, alla lotta antifranchista in Spagna. Cambia idea e affitta a Parigi un atelier per dar copertura alle attività politiche. Il clima artistico parigino alla ricerca di nuove forme lo appassiona. “Noi eravamo rivoluzionari in tutto”.(5) Ma la militanza, al suo ritorno in Brasile nel ’38, dopo aver partecipato a diverse esposizioni nei principali saloni parigini, diventa sempre più culturale che politica. Nel 1943 ottiene il primo grande riconoscimento artistico brasiliano: il premio per il “Monumento à juventude brasileira”. La sua scultura si integra con i diversi linguaggi artistici che fanno parte del complesso costituito dai giardini disegnati da Burle Marx e dal Ministerio da Educação, Saude e Cultura di Rio de Janeiro, prima opera dell’ architettura moderna brasiliana sorta da un disegno di Le Corbusier. La bellezza delle forme dei giovani corpi esprime la grande speranza dell’artista in questa generazione che apre un nuovo cammino, rompendo la relazione con un passato colmo di sofferenza e odio, da lui personalmente vissuto.
In occasione della prima esposizione individuale nella Camara Municipal di Rio de Janeiro (1948 ) appare in un articolo di Bandeira, un vivace ritratto di questo aristocratico personaggio a cavallo tra due mondi ” se da un lato é toscano per il sangue e il nobile atteggiamento della sua persona e ancora di più per il suo spirito, dall’altro é brasiliano perchè riflette nella sua arte un’anima brasiliana che non si lascia imprigionare nei limiti delle forme scultoree. Essa rompe i limiti, le barriere, si stampa in quei corpi nudi, in quei visi meticci, alla ricerca di un tipo fisico e umano caratteristicamente brasiliano”(6). Questa sua umanizzazione tipicamente brasiliana presente nelle sue opere, tende ad attenuare il suo razionalismo toscano.
“Os dois guerreiros” opera scelta da Lúcio Costa per essere eretta nella Praça dos trés Poderes in Brasilia si integra a tal punto nella nuova città da essere considerata l’opera sintesi della capitale del Brasile. La popolazione sostituisce il nome originale di “guerrieri” con “ candangos”, vedendo in queste due figure simboliche i pionieri venuti dal lontano nord-est per costruire la città più moderna dell’epoca. Bruno Giorgi non conosceva Brasilia e tanto meno l’Alvorada a cui la sua scultura ha imposto il caratteristico profilo.
Lavorare con il marmo è sempre stato un grande sogno di questo artista e sarà proprio in Italia, a Carrara dove potrà soddisfare questa antica aspirazione, modellando “Meteoro”, la sua opera preferita, destinata al Palazzo di Itamaraty a Brasilia.
L’incarico affidato a Bruno Giorgi dal Comune di Arezzo per realizzare il Monumento alla Resistenza (1975), rappresenta la felice conclusione di un importante capitolo della propria vita. Per il figlio di emigrati, il prigioniero, l’espulso costituisce certamente un momento di emozione profonda ed un importante riconoscimento. Il risultato è la massa di un corpo inclinato con le mani tese nel vuoto in una forte tensione che suggerisce allo stesso tempo la disperazione nella caduta e la resistenza spirituale nell’ascesa indomabile dell’eroe. L’artista si concentra in un forte simbolismo nel mostrare il superamento delle costrizioni imposte per poter raggiungere la libertà finale. Il passato e il presente si confondono, resta una proposta per il futuro.
”La memoria non ha doveri ma solo diritti”, come afferma il filosofo Henri Bergson.

 


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