Insegnare la Lingua

Cristiana Cocco Carvalho


Il cinema italiano è conosciuto mondialmente grazie alle produzioni cinema tografi che che, specialmente a partire dagli anni ’50, hanno girato il mondo e hanno fatto sì che la lingua e le caratteristiche culturali più importanti degli italiani diventassero un patrimonio di tutti, anche se spesso identifi cate attraverso stereotipi che non sempre rispecchiano la reale situazione sociale italiana.

Così come la lingua, la letteratura e l’arte in generale, il cinema rappresenta la cultura italiana rendendo visibile anche il suo aspetto multiculturale e facendosi portavoce delle rappresentazioni sociali – linguistiche e extralinguistiche – là esistenti.

Inizialmente, c’è comunque da dire che l’idea di cinema presente per decenni nel pubblico di tutto il mondo è stata quella di identifi care il rito della proiezione cinematografi ca come una forma di divertimento, di astrazione dalla realtà, come immersione in un sogno collettivo dove poter abbandonare per un attimo le angosce e i confl itti del presente.

I registi neorealisti hanno provato a cambiare le cose attraverso il cinema, ma è stata un’illusione: di fronte a fi lm che coraggiosamente raccontavano la tragica realtà italiana nell’immediato dopo guerra, le preferenze del pubblico andavano sempre verso l’evasione, verso quel cinema americano che puntualmente riproponeva il meccanismo della favola come elemento costitutivo delle proprie storie. E alla gente interessava proprio questo tipo di film. Probabilmente i tempi non erano ancora maturi perché da parte del pubblico italiano potesse essere accolto un tale tipo di cinema, e anche i nostri studenti diffi cilmente comprendono a fondo questi capolavori, non riuscendo ad assimilare una situazione storica lontana da loro, così come il dramma di un popolo distrutto da una guerra dopo l’altra, alla ricerca di un’identità. La scelta di proiettare un film del periodo neorealista deve essere quindi fatta dopo aver affrontato in profondità il signifi cato intrinseco alla produzione di fi lmati di questo tipo, e non sempre si hanno buoni risultati dovuto anche alle strategie adottate lungo questo percorso.

Accanto al neorealismo, e attraverso un altro tipo di linguaggio cinematografi co, la stagione della cosiddetta ‘Commedia all’italiana’ rappresenta un attendibilissimo documento storico e antropologico attorno ad un paese che stava rapidamente cambiando e stava sostituendo valori secolari con un qualcosa di più effi mero, di indotto: quei modelli nuovi di riferimento legati al consumismo e alla falsa idea di benessere, che, per dirla con Pasolini, porteranno verso un’indistinta omologazione culturale e sociale di tutto un popolo.

Dovuto al fatto che la mia ricerca di dottorato presso la UFF prende il via dalla certezza di che il professore di italiano come LS raramente ha l’opportunità di entrre in contatto con la realtà socio-linguistica italiana, di creare un’immagine della cultura dell’Altro, così come generalmente crea il suo repertorio linguistico verbale e non verbale costruendolo insieme ai suoi colleghi e professori sulla base dei libri didattici e, raramente, usando immagini registrate dalla televisione o fi lm, ho scelto questo fi lone per poter percorrere quell’immaginario dei nostri studenti brasiliani, che ancora pensano all’Italia come un paese dove canta Rita Pavone, dove tutti vanno a Venezia a carnevale, dove non esistono la fame e la crisi, dove i loro problemi sarebbero magicamente risolti se solo loro potessero andarci. Ed è attraverso lo studio della lingua e cultura italiane che loro cercano una catarsi liberativa dei problemi locali che li sconvolgono.

È ciò che ha dimostrato Ana Maria Chiarini nella sua tesi di dottorato “Repre-
sentações em torno de uma paixão: a língua italiana em Belo Horizonte”, presentata alla UFMG nel 2002. L’italiano come passione, come sogno di un luogo dove ritrovare la serenità e la pace intorno ad una tavola imbandita con decine di parenti che mangiano un bel piatto di pasta… ancora stereotipi, che la nostra politica linguistica non fa niente per demistifi care, che il nostro governo sembra non voler affrontare come problema della divulgazione della nostra Italia moderna e, allo stesso tempo, piena di quei problemi che tutte le società odierne affrontano, come la fame, la disoccupazione, la crescente presenza di culture e etnie più diverse…

È ciò che ha dimostrato Ana Maria Chiarini nella sua tesi di dottorato “Repre-
sentações em torno de uma paixão: a língua italiana em Belo Horizonte”, presentata alla UFMG nel 2002. L’italiano come passione, come sogno di un luogo dove ritrovare la serenità e la pace intorno ad una tavola imbandita con decine di parenti che mangiano un bel piatto di pasta… ancora stereotipi, che la nostra politica linguistica non fa niente per demistifi care, che il nostro governo sembra non voler affrontare come problema della divulgazione della nostra Italia moderna e, allo stesso tempo, piena di quei problemi che tutte le società odierne affrontano, come la fame, la disoccupazione, la crescente presenza di culture e etnie più diverse…corpora dei corsi.

La scelta del cinema come materiale per un tipo di attività che stimoli il contatto con l’immagine dell’altro da parte del soggetto-professore di LS in Brasile – per ciò che concerne la questione della costruzione di un’immagine che riveli l’identità dell’altro paragonandola a quella dell’io – si basa sull’osservazione di anni di esperienza in aula. Durante questi anni, ho potuto osservare una più ampia comprensione dei fatti linguistici e extralinguistici, culturali e, più specifi camente, d’identità da parte dei nostri studenti quando questi temi vengono intermediati da immagini cinematografi che.

Questo sembra essere dovuto dal fatto che, tra gli altri motivi di origine più psicolinguistica e attitudinale, le nuove generazioni, come affermano Paola Micheli e Pierangela Diadori dell’Università per Stranieri di Siena, nelle loro ricerche stanno dimostrando una più rapida e approfondita comprensione dei fatti interculturali quando esposti ad uno stimolo audiovisuale tanto di strutture linguistiche, come di quelle extralinguistiche. Con ciò non voglio dire che gli altri generi testuali debbano essere messi da parte o che gli si dia uno spazio di maggior respiro nei programmi universitari, ma che tutti i generi testuali possono confl uire in una formazione. Ed il cinema è testo, il più completo su cui possiamo contare, specialmente in una situazione di insegnamento della cultura italiana in una situazione di così grande di-stanza di spazi.

Inoltre, una delle caratteristiche intrinseche dei fi lm è la forte componente linguistica legata alle varietà esi-stenti – diatopica (i dialetti, l’italiano standard e neostandard, gli italiani regionali e l’italiano parlato fuori d’Italia), diastratica (l’italiano popolare, i gerghi, gli italiani settoriali), di afasica (i registri, le varietà funzionalicontestuali e i sottocodici) e diamesica (la differenza tra lingua scritta, parlata e trasmessa) – che generalmente non vengono completamente espletati nei curriculum universitari, togliendo al fu-
turo professore la possibilità di raggiungere la competenza interculturale sperata.

Quindi, il linguaggio cinematografico – linguistico ediconico – sicuramente porta ad una competenza di questo tipo, preconizzata dal Quadro Europeo Comune di Riferimento per le Lingue (2001), secondo il quale essere competente non significa soltanto conoscere la lingua e la cultura del paese di cui si sta studiando la lingua, ma raggiungere competenze linguistiche, sociolinguistiche e pragmatiche, così come dimostrare una competenza esistenziale, raggiunta quando si mettono in gioco anche le caratteristiche personali del discente, le sue attitudini, motivazioni, valori, credenze e stili cognitivi.

La mia ricerca userà i film della cosiddetta ‘Commedia all’italiana’, per tutti i motivi suddetti. Ma visto che questo incontro di oggi prevede una discussione sulla letteratura e la sua trasposizione cinematografi ca, vi parlerò di un’esperienza avuta recentemente, lungo il mio percorso di studio, quando ho dovuto affrontare l’apparente scoglio di studiare come usare quei
concetti e premesse che sono la base della mia ricerca in applicazione a fi lm ‘storici’ e fondamentali del nostro cinema, importantissimi sia dal punto di vista tematico, sia da quello rappresentativo per la nostra cultura italiana.

Nella prima metà di quest’anno, frequentando le lezioni della Dott. Lúcia Teixeira di Semiotica, ho dovuto fare un lavoro fi nale su di un testo sincretico, dove per sincretico si intende il concetto greimasiano di più linguaggi eterogenei che contribuiscono simultaneamente alla trasmissione di un signifi cato. La tecnica di analisi di questi testi concerne la frammentaione in parti di qualsiasi testo ove entrino vari linguaggi, come appunto un fi lm, per l’osservazione della strategia enunciativa che sincretizza i differenti linguaggi in una totalità signifi cante. In poche parole, cosa l’autore di questo testo voleva trasmettere allo spettatore – volontariamente o no –, che tipo di signifi cato la sua opera come insieme vuol mediare?

Sarebbe stato forse troppo facile fare questo tipo di analisi usando fi lm fi n troppo espliciti nelle loro strategie enunciative: la Commedia all’italiana rende pubblico ciò che a volte ci si nasconde, i vizi e le virtù di una società come la nostra, che da decenni viene citata attraverso stereotipi e frasi fatte (tutti buona gente, carcamano) che è ora che siano anche demistifi cati e tradotti in un qualcosa di più costruttivo, come suggeriscono Balboni e Mezzadri quando parlano della costruzione di un sociotipo italiano come obiettivo più giusto di quello della ripetizione di clichè che sembrano non voler abbandonare l’immaginariodei nostri studenti. Per sociotipo gli autori intendono l’elemento culturale che può nascere anche da un’elaborazione empiricamente verifi cabile dei dati presentati da uno stereotipo. La riformulazione degli stereotipi basati sulle preconoscenze degli studenti, servirebbero da ancore a cui legare le nuove conoscenze in corso di acuisizione senza determinare la perdita o l’abbandono della propria identità culturale, seguendo l’approccio interculturale.

Ma tornando al testo sincretico in questione, per poter avere una sfi da maggiore ho quindi scelto due scene del fi lm “Il Gattopardo” di Luchino Visconti, dove ho potuto verifi care come un’osservazione guidata da parte del professore sproni gli studenti a vedere oltre alla semplice immagine, alla prima impressione che si ha quando si vede un capolavoro di questo tipo. Perché la scelta di questo fi lm? Sicuramente anche perché essendo la versione fi lmica di un testo letterario molto usato in classe anche per mediare una conoscenza storica di ciò che è avvenuto nelle varie fasi dell’Unità d’Italia, è interessante vedere come andare oltre alla, se vogliamo, semplice proiezione e commento finale.

Purtroppo, spesso il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa finisce con l’essere letto dai nostri allievi più come esercizio lessicale che come sguardo interessato alla storia recente italiana. Le esigenze della diffi cile lettura, della traduzione delle lunghe descrizioni per poter perlomeno immaginare gli scenari ove è ambientato il romanzo, un universo così lontano da loro che, sicuramente, immaginano la Sicilia come un luogo frequentato da mafi osi che vanno in giro ad ammazzare la gente…Per non parlare poi del contesto
storico, dell’emozione positiva o negativa dello sbarco, delle battaglie, del declino e decadenza di una classe italiana come quella nobile… tutto questo, può essere intermediato da un film come ‘Il Gattopardo’, ove la fedeltà al testo originale e, allo stesso tempo, la creazione di scene inesistenti nel testo scritto perrendere meglio il clima di stagnazione in cui riversava la Sicilia di quei tempi (potrei dire ancora oggi?) fanno sì che i docenti abbiano tra le mani un prodotto veramente ricchissimo da usare con i loro studenti.

Per la mia analisi ho scelto quindi due scene inesistenti nel romanzo, per vedere anche il perché Luchino Visconti, anche se inconsciamente, le aveva concepite.

La scena iniziale, ove la macchina da presa si inoltra nel giardino della residenza dei Salina come a mostrare la realtà statica, abbandonata, fatiscente della società nobile siciliana, l’arrivo della m.d.p. sulla veranda, dove un vento caldo e incessante parla e si addentra nella casa, come a dire che lui non se ne andrà mai di là, che il caldo siciliano farà sempre parte della realtà di quest’isola, la presentazione immediata della famiglia, ove in pochi minuti viene tracciato il profi lo dei componenti della famiglia rendendo subito chiara la gerarchia esistente tra il Principe e i suoi familiari, le voci concitate dall’esterno che sembrano non turbare la preghie-ra e con essa l’immobilismo di abitudini centenarie.

Poi, fi nalmente, il fatto del ritrovamento del corpo di un soldato, fatto che subito viene assorbito quasi naturalmente da colui che già si aspettava i cambiamenti annunciati dall’ormai imminente rivoluzione. Le reazioni, i gesti, il comportamento, le attitudini, tutto questo può essere visto, analizzato, compreso e rifl ettuto dai docenti insieme ai loro studenti, attraverso varie visioni e attività di analisi graduali, fi no al momento in cui si è compresa l’atmosfera, il momento storico, la psicologia dei personaggi, così come il loro linguaggio frammisto di italiano regionale e standard dell’epoca, anche se stupendamente doppiato in vari casi. I costumi, gli arredamenti, il modus vivendi di questa famiglia in fuga dalla modernità, dal nuovo, l’accettazione del fatto che se si vuole che le cose rimangano come stanno bisogna cambiare… il fi lm è un veicolo di studio che, accanto alla lettura del romanzo, può e molto aiutare a motivare i nostri allievi nella loro ricerca di comprensione della nostra cultura, così vicina ma, allo stesso tempo, così lontana da tutti loro.

La seconda scena scelta è quella all’interno della chiesa, già a Donnafugata, anch’essa soltanto accennata nel romanzo. Qui il risultato è ancora più impressionante: la grande pompa con cui la famiglia Salina arriva al paesino, contrastata dalla scritta W GARIBALDO sul muro del palazzo e dalla Traviata come colonna sonora dentro e fuori la chiesa, e infi ne la rappresentazione dell’immobilismo statuario della famiglia total-mente ricoperta dalla polvere che rimanda all’inizio della decadenza della nobiltà, sono soltanto alcuni degli aspetti che possono essere osservati con una serie di visioni in cuigli allievi possono tessere ipotesi ed arrivare a conclusioni storiche e comportamentali
che in altro modo affronterebbero soltanto attraverso letture storico-sociologiche che invece possono servire come un altro testo a cui aggiungere le sensazioni provate quando si vede il fi lm.

L’esperienza dell’uso di questo tipo di analisi, che richiede forse un po’ di tempo ma dà ottimi frutti, è stata molto positiva e mi ha permesso di vedere che non solo i fi lm possono servire come materiale di appoggio a vari tipi di attività linguistiche, ma specialmente essere veicoli di intermediazione di quei fatti storici e comportamentali – e cioè i fatti che compongono una vera competenza esistenziale, come preconizzato dal Quadro.

Ormai abbiamo molti materiali anche cinematografi ci in commercio (Guerra Edizioni e Alma Edizioni) che ci possono aiutare nel compito di preparare lezioni in cui si possa approfondire un approccio veramente interculturale, ma il nostro compito di professori di lingua e cultura italiana sarà sempre quello di cercare di ottimizzare l’intermediazione di conoscenze altrimenti diffi cili da assimilare ed accettare attraverso materiali autentici ed effi caci, a costi ridotti e disponibili per tutti. E il cinema è sicuramente uno di questi mezzi, come può essere provato anche dalla sempre crescente ricerca e interesse da parte dei docenti.

 


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