Giuseppe D'Angelo, il direttore

Wanda Grillo

Ricordo con estrema chiarezza l’uomo che il giorno del mio arrivo a Rio de Janeiro nell’ormai lontano 1989, con una stravagante giacca arancione, lunghi capelli e passo saltellante, mi apostrofo’ , mentre del tutto tramortita dal fuso e dal lungo viaggio spingevo il carrello all’uscita dall’aereoporto, con un rude “ sei la Grillo?” ed io “scusi lei chi è?” “Sono D’Angelo, il Direttore dell’Istituto, su, su andiamo, non c’é tempo, fuori c’è la macchina”.
Un saluto informale, l’inizio dell’avventura brasiliana con una persona speciale per pregi e difetti. Non ho mai conosciuto alcuno a cui l’espressione genio e sregolatezza si addicesse meglio.
Mi ha insegnato molto con la sua proverbiale generosità e umanità, mi è stato vicino in un momento particolarmente difficile della mia vita che ho superato anche grazie alla sua comprensione.
Esisteva tra noi un sottile gioco basato su un mio presunto atteggiamento distaccato che lo infastidiva un po’, vista la sua proverbiale irruenza. Un gioco continuato quasi per dispetto da parte mia, per cui mentre lui mi dava del tu io continuavo imperterrita a dargli del lei. Il giorno in cui assunsi la direzione dell’Istituto, D’Angelo, già in pensione da alcuni anni, improvvisamente comincio’ a rivolgermisi con un sussiegoso e ironico lei. Solo tre anni fa, in occasione di una sua visita al Ministero degli Esteri a Roma, tra gli applausi di colleghi ammiccanti che conscevano la storiella, e nostre risate incontenibili, abbiamo deciso ufficialmente di darci il tanto atteso tu.
Mi ha insegnato a rischiare sul lavoro, a inventare, a gratificare gli altri, e soprattutto l’importanza di riconoscere gli errori propri prima degli altrui.
Ricordo ancora le sue urla, peraltro raramente rivolte a me, visto che lo avevo minacciato di chiedergli i danni con la frase “ ogni suo urlo mi fa rompere un globulo rosso, rischio l’anemia. Stia attento perché la denuncio e le chiedo anche i danni” e lui era stato al gioco dicendo “ ma guarda questa non posso neanche più gridare....”
Voglio chiudere questo breve ricordo con il nostro primo divertente scontro avvenuto il terzo giorno del mio arrivo a Rio.
Improvvisamente , verso le 7 di sera, un urlo mi raggiunse nel mio ufficio, non usava quasi mai il telefono, amava molto recitare e ascoltarsi, “ portami il DOC, portami il Doc, svelta, svelta , il Doc”.
Cercavo di capire cosa fosse mai questo DOC, un libro probabilmente, ma quale? Intanto in un crescendo di urla entrai nel suo ufficio, e gli dissi “ senta per me il DOC é un vino ad origine controllata, pertanto non so cosa voglia, presumo un libro, se volesse essere cosi’ cortese da spiegarsi, sarebbe meglio oltre che più corretto” .
Credo la mia risposta un po’ stizzita e piuttosto snob, da borghese impunita, come soleva dire riferendosi a me, lo spiazzasse e alzandosi con studiata eleganza e con fare accattivante “ma no cara, non te la prendere, se non urlo non vivo, vieni, vieni“ e finalmente mi mostro’ il famigerato DOC, il libro cioe dei personaggi famosi.
Frammenti di vita sul lavoro, ritratto di un uomo generoso e totalmente anarchico che ha vissuto la vita come un grande viaggio spinto da una inarrestabile curiosità e che ha concluso questo suo viaggio nella città che ha più di tutte amato: la sua Rio.

 


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