Arquà, la perla dei Colli Euganei, nel settecentesimo anniversario della nascita del Petrarca

Franco Vicenzotti

Prima o dopo un Geografo e Storico della letteratura italiana, sulla scia degli in-segnamenti di Carlo Dionisotti e Franco Moretti dovrà scrivere un saggio defi nitivo sull’importan-za dei Colli Euganei come centri ispiratori della grande letteratura di origine veneta: se infatti è co-stume parlare della “linea lom-barda nella letteratura italiana” (da Carlo Dossi a Carlo Gadda, passando per Arrigo Boito) o di “Trieste e la tradizione mitte-leuropea” (da Scipio Slataper a Bazlen, da Italo Svevo a Um-berto Saba ecc) è altrettanto giu-sto ricordare che all’interno del piccolo Parco dei Colli Euganei hanno dato opere di grandissimo valore letterario il greco - veneto Ugo Foscolo che qui, a Teolo, ha scritto il manifesto del romantici-smo italiano che tanto successo ebbe presso gli adolescenti del tempo “Le ultime lettere di Ja-copo Ortis” e qui a una decina di chilometri, nella Abbazia Be-nedettina del tredicesimo secolo di Praglia in un anno di totale concentrazione ed auto analisi il Fogazzaro scrisse quel grande romanzo intimistico borghese di forte impronta cattolica che è “Il piccolo mondo antico”, in pros-simità del luogo dove quasi due-mila anni prima il grande storico romano Tito Livio aveva scritto i suoi fondamentali saggi; ma last but not least nel vicinissimo deli-zioso paesino di perfetto stampo medioevale di Arquà tra vigneti ed uliveti sparsi nei colli decli-nanti Francesco Petrarca ha scrit-to opere poetiche immortali nel-la splendida villa generosamente regalatagli dalla potente fami-glia dei Carraresi che allora go-vernava con pugno di ferro ma con grande sensibilità per le arti e la cultura, la città di Padova ed il suo contado. Di recente una splendida mostra curata da Sgar-bi ha evidenziato come il ‘300 a Padova abbia anticipato il Rina-scimento italiano.I Carraresi fecero della Pa-dova del ‘300 uno splendido centro di produzione culturale sponsorizzando scultori come il Donatello, pittori come Giotto e Jacopo D’Avanzo e fi nanziando generosamente il Bo`, l’Univer-sità di Padova che era sorta alla fi ne del 200 da una costola del-l’Università di Bologna.Il Petrarca andò a vivere nel-la splendida casa offertagli dai Carraresi nel 1369, vi morì nel 18 luglio 1374. I suoi resti sono sepolti nell’arca - sarcofago, nel cortile della Cattedrale di stile romanico che dà un aspetto an-cora più serioso e raccolto alla Piazza rettangolare caratterizza-ta dall’imponente e severa archi-tettura sempre romanica.Nel settecentesimo anniver-sario della nascita del Poeta, sembrava giusto esaltare la de-liziosa cittadina che si arrampi-ca tra i Colli Euganei con una incredibile ricchezza di fl ora mediterranea legata al dolcissi-mo clima tra cui si impongono oliveti e vigneti che creano d’au-tunno un tripudio di colori dal giallo all’amaranto al marrone, di primavera dal bianco al rosa in una allegra e gioiosa esplosio-ne di ciliegi.Arquà, che ovviamente dal-l’autore del “Canzoniere” che ha ispirato la rinascita di tut-ta la poesia moderna europea, dalla Pléiade francese (Du Bel-lay, Pier Ronsard ecc) ai primi poeti tedeschi ed inglesi in un movimento poetico noto in tutta l’Europa come “Petrarchismo” è giustamente oggi nota come Arquá Petrarca. È interessante ricordare infatti che anche se nel suo “The Western Canon” il grande critico letterario ame-ricano Harold Bloom ha iden-tifi cato Dante Alighieri come il vertice massimo espresso dalla poesia occidentale, l’infl uenza del Petrarca sugli sviluppi poe-tici europei fu molto più impor-tante forse anche perché i ver-tici raggiunti da Dante Alighieri erano tali da scoraggiare possi-bili imitatori con esclusione for-se del grande John Milton che nel suo “Paradise Lost” espri-me devotamente il suo tributo al nostro grande Dante.Per tutto questo era giusto che Arquá assumesse il nome di Arquá Petrarca. Le migliaia di amanti della poesia che vanno costantemente ad esprimere il loro omaggio meditando nei pres-si del sarcofago di Arquá, per poi rifocillarsi nelle splendide trattorie in cui si difende la vecchia tradi-zione veneta del “magnar ben e del bever meio” (in una tripudian-te sagra di “risi e bisi”, “bigoi aa padovana”, “risoto ai canastrei”, “risoto al nero de sepia”, “riso coi torresani”, “baccalà alla vicenti-na”, “baccalà mantecado”, “sarde en saor”, “poenta e osei”, “musso co a polenta”, carne de cavalo col clinton” ecc, ecc, ecc,) il tutto in-naffi ato con i ricchi vini D.O.C lo-cali, il Rosso ed il Bianco dei Col-li Euganei, sono una prova co-stante che il fa-scino dei sonetti del nostro poeta continua imper-territo nel tem-po. A riprova dell’amore im-perituro per il Petrarca, vorrei far seguire una composizione dell’amico e poe-ta veneto Luigi Cerantola ispi-rata per l’appunto ad Arquá ed all’autore del “Canzo-niere”.

 


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